martedì 3 novembre 2015

LE STORIE DEL TOURIST TROPHY, TRA RISCHIO E UMANITA’



“Vive chi rischia”, spiega il nuovo libro dello scrittore Mario Donnini
Intorno alle moto, un mondo di persone vere e di legami profondi

di Marco Tarozzi

C’è molta filosofia, e tutt’altro che spicciola, nel libro “Tourist Trophy, vive chi rischia”, ultima puntata di una saga che ormai conta quattro pubblicazioni e soprattutto vent’anni di frequentazione continua che Mario Donnini, giornalista e scrittore che lavora a Bologna nella redazione di AutoSprint senza dimenticare le sue radici umbre, ha dedicato, sta dedicando e dedicherà al circuito stradale più affascinante e più pericoloso che la storia del motociclismo mondiale conosca. Un circuito ultracentenario che nasce improvviso nei giorni delle gare, e per il resto dell’anno è fatto di comunissime strade, stradine, piccoli centri abitati di una piccola isola che ha un’anima irlandese e un carattere tutto suo, fatto di gente bonariamente gelosa della sua unicità. Isolani, appunto: diversi, e mai uguali l’uno all’altro.

Tutto si è detto, del Tourist Trophy. Del pericolo che incombe su quei sessanta chilometri di percorso tra muretti, pali della luce, boschi, marciapiedi vigliacchi, curve cieche, dossi improvvisi. Dai tempi in cui ci correva Giacomo Agostini, che su quelle strade vinse dieci volte salvo poi ispirare la campagna che portò il TT fuori dal calendario del campionato mondiale. Fu nel 1972, quando l’amico Gilberto Parlotti, lanciatissimo verso il titolo iridato della 125 venne a morirci, che Ago finì la sua corsa e disse basta. “Il TT, se voleva sopravvivere, doveva cambiare, diventare un evento a sé stante, una sfida alla quale si è liberi di partecipare o meno. E così andò”. Parola del più grande di tutti i tempi, semplicemente.

Così è andata. Il Mountain ha accusato il colpo, ha rischiato di scomparire, è rinato nel nuovo millennio con la forza delle persone che lo animano, uomini veri prima ancora che centauri. E ha continuato a pagare il suo tributo al destino, cosa che chi ben pensa ancora fatica ad accettare. Ma la chiave è questa: chi va, esercita il suo diritto ad essere libero. A sentirsi vivo. Come Robin Daykin, che nel 2011 a settantaquattro anni ha scelto di diventare il “debuttante” più anziano nella storia della corsa, portando con sé nell’avventura la moglie Annette. Uno schiaffo in faccia al cancro alla prostata che se lo sarebbe portato via qualche anno più tardi, un’impresa dai contorni di favola. Perché quell’anno Robin si qualificò per la gara, corse e fu meravigliosamente ultimo, con tutto il popolo del Mountain a fare il tifo per lui.

Sono queste le storie che Donnini predilige, e racconta nella sua meravigliosa saga sul TT. Raccontate la sera al pub da gente che ama i motori e la natura, la compagnia del prossimo e una buona pinta di birra. Piloti, commissari di percorso (i leggendari “marshall”), addetti ai lavori, proprietari di pub, cameriere. Tutti uniti, testimoni di una storia infinita che improvvisamente è diventata “trendy”, è tornata di moda, cosa che non cambia di una virgola l’atteggiamento dell’autore, che ha iniziato a collezionarle molto prima che il vento cambiasse.

“A stupirmi”, spiega Donnini, “è la produzione infinita e cangiante di storie, di vicende umane che si mescolano e trascendono quelle sportive, rendendo affascinante il trionfo del campione quanto l’anonima prestazione della comparsa, in un luogo e in un cimento che incoronano ognuno eroe e ciascuno personaggio”.

Così, in mezzo a questa “small town people”, a questa gente di villaggio amichevole ed ospitale, sfilano le vite di Guy Martin, magnifico perdente che senza nemmeno un successo alle spalle è diventato l’icona del Mountain, di Bruce Anstey che arrivò convinto che correre il TT fosse l’ultima gioia della vita e ancora si sta divertendo come a una festa di amici. Quella di Gary “Driver” Johnson, che non è mai stato a Londra perché “io corro in moto sull’isola di Man e non me ne fotte un cazzo di andare a Londra”. Quella di David Cretney, che in una terra così speciale da infilare tre gambe nella propria bandiera non poteva che diventare Minister of Fun, Ministro del Divertimento, e non per scherzo.

Alla fine, una tradizione lunga più di un secolo, le moto, l’odore di olio e carburante e il rumore dei motori diventano un pretesto per raccontare un mondo. Un piccolo mondo che diventa colorato, vivo, umanissimo quando le moto sbarcano sull’isola. E che ti resta appiccicato addosso, al punto da farti provare rispetto per qualunque scelta, anche le più buie e dolorose, perché sono un segnale di libertà. Che ci piaccia o no, che lo si capisca o no, il succo è semplicemente questo: vive chi rischia.

TOURIST TROPHY, VIVE CHI RISCHIA – Mario Donnini – Giorgio Nada Editori -240 pagine, 25 euro