“Vive
chi rischia”, spiega il nuovo libro dello scrittore Mario Donnini
Intorno alle moto, un mondo di persone vere e di legami profondi
Intorno alle moto, un mondo di persone vere e di legami profondi
di
Marco Tarozzi
C’è
molta filosofia, e tutt’altro che spicciola, nel libro “Tourist Trophy,
vive chi rischia”, ultima puntata di una saga che ormai conta quattro
pubblicazioni e soprattutto vent’anni di frequentazione continua che Mario
Donnini, giornalista e scrittore che lavora a Bologna nella redazione
di AutoSprint senza dimenticare le sue radici umbre, ha dedicato, sta dedicando
e dedicherà al circuito stradale più affascinante e più pericoloso che la
storia del motociclismo mondiale conosca. Un circuito ultracentenario che nasce
improvviso nei giorni delle gare, e per il resto dell’anno è fatto di comunissime
strade, stradine, piccoli centri abitati di una piccola isola che ha un’anima
irlandese e un carattere tutto suo, fatto di gente bonariamente gelosa della
sua unicità. Isolani, appunto: diversi, e mai uguali l’uno all’altro.
Tutto
si è detto, del Tourist Trophy. Del pericolo che incombe su quei sessanta
chilometri di percorso tra muretti, pali della luce, boschi, marciapiedi
vigliacchi, curve cieche, dossi improvvisi. Dai tempi in cui ci correva Giacomo
Agostini, che su quelle strade vinse dieci volte salvo poi ispirare la campagna
che portò il TT fuori dal calendario del campionato mondiale. Fu nel 1972,
quando l’amico Gilberto Parlotti, lanciatissimo verso il titolo iridato della
125 venne a morirci, che Ago finì la sua corsa e disse basta. “Il TT, se voleva
sopravvivere, doveva cambiare, diventare un evento a sé stante, una sfida alla
quale si è liberi di partecipare o meno. E così andò”. Parola del più
grande di tutti i tempi, semplicemente.
Così è
andata. Il Mountain ha accusato il colpo, ha rischiato di scomparire, è rinato
nel nuovo millennio con la forza delle persone che lo animano, uomini veri
prima ancora che centauri. E ha continuato a pagare il suo tributo al destino,
cosa che chi ben pensa ancora fatica ad accettare. Ma la chiave è questa: chi va,
esercita il suo diritto ad essere libero. A sentirsi vivo. Come Robin Daykin,
che nel 2011 a settantaquattro anni ha scelto di diventare il “debuttante” più
anziano nella storia della corsa, portando con sé nell’avventura la moglie
Annette. Uno schiaffo in faccia al cancro alla prostata che se lo sarebbe
portato via qualche anno più tardi, un’impresa dai contorni di favola. Perché
quell’anno Robin si qualificò per la gara, corse e fu meravigliosamente ultimo,
con tutto il popolo del Mountain a fare il tifo per lui.
Sono
queste le storie che Donnini predilige, e racconta nella sua meravigliosa saga
sul TT. Raccontate la sera al pub da gente che ama i motori e la natura, la
compagnia del prossimo e una buona pinta di birra. Piloti, commissari di
percorso (i leggendari “marshall”), addetti ai lavori, proprietari di pub,
cameriere. Tutti uniti, testimoni di una storia infinita che improvvisamente è
diventata “trendy”, è tornata di moda, cosa che non cambia di una virgola
l’atteggiamento dell’autore, che ha iniziato a collezionarle molto prima che il
vento cambiasse.
“A
stupirmi”, spiega
Donnini, “è la produzione infinita e cangiante di storie, di vicende umane
che si mescolano e trascendono quelle sportive, rendendo affascinante il
trionfo del campione quanto l’anonima prestazione della comparsa, in un luogo e
in un cimento che incoronano ognuno eroe e ciascuno personaggio”.
Così,
in mezzo a questa “small town people”, a questa gente di villaggio
amichevole ed ospitale, sfilano le vite di Guy Martin,
magnifico perdente che senza nemmeno un successo alle spalle è diventato
l’icona del Mountain, di Bruce Anstey che arrivò convinto che
correre il TT fosse l’ultima gioia della vita e ancora si sta divertendo come a
una festa di amici. Quella di Gary “Driver” Johnson, che non è
mai stato a Londra perché “io corro in moto sull’isola di Man e non me ne
fotte un cazzo di andare a Londra”. Quella di David Cretney,
che in una terra così speciale da infilare tre gambe nella propria bandiera non
poteva che diventare Minister of Fun, Ministro del Divertimento, e non
per scherzo.
Alla
fine, una tradizione lunga più di un secolo, le moto, l’odore di olio e
carburante e il rumore dei motori diventano un pretesto per raccontare un
mondo. Un piccolo mondo che diventa colorato, vivo, umanissimo quando le moto
sbarcano sull’isola. E che ti resta appiccicato addosso, al punto da farti
provare rispetto per qualunque scelta, anche le più buie e dolorose, perché
sono un segnale di libertà. Che ci piaccia o no, che lo si capisca o no, il succo
è semplicemente questo: vive chi rischia.
TOURIST TROPHY, VIVE CHI RISCHIA –
Mario Donnini – Giorgio Nada Editori -240 pagine, 25 euro