sabato 28 settembre 2013

GIGI, CHE NUOTAVA VERSO LA LIBERTA'




Addio a Salmi, promessa dell’atletica negli anni Sessanta e leggenda
del nuoto Master bolognese in tempi recenti. Era nato nel 1950


di Marco Tarozzi

Ci si sente sempre un po’ più soli, e più poveri, quando a lasciarci sono le persone vere. Quelle che hanno onorato la vita coltivando valori come la passione, il rispetto, l’armonia, il talento. Quelle che avevano (e hanno) qualcosa da dirci, e quel qualcosa ce l’hanno lasciato addosso come un’eredità.

Gigi Salmi era una di quelle persone. Ed era un grande uomo di sport, per quanto sconosciuto ai più, avendo passato la vita a minimizzare le sue imprese. Un po’ per un innato senso di orgogliosa modestia, un po’ perché non era il tipo da mettersi a sfogliare l’album dei ricordi: valicato il muro delle sessanta primavere, continuava a fare progetti e a mettersi in gioco, senza voltarsi indietro. Una quercia dritta che aveva passato anche momenti delicati, difficili, ma ti metteva addosso un’idea di “forza dentro” meravigliosamente spaventosa, roba che niente e nessuno sarebbe riuscito a spezzare. Così credevamo, senza tener conto della bestialità di certi mali che agguantano subdoli e spazzano via senza lasciare il tempo di pensare, di far su la propria vita come una stanza da riordinare.

Pierluigi Salmi da ragazzo faceva atletica leggera. Da protagonista. Già lo chiamavano Gigi, era un talento in sboccio, giocava col cronometro con tempi eccezionali. Di lui si ricorda un 2:29 nei 1000 metri stampato ad appena diciassette anni, e un 3:54:6 nei 1500 ottenuto un anno dopo, nel lontano 1968 e su una pista in terra rossa. Sembrava destinato a chissà quale futuro, e aveva già iniziato a farsi notare su ribalte internazionali, quando un problema ai reni lo costrinse a dire basta alla corsa, alla pista, all’atletica.

Sportivo nell’anima, passò al nuoto e in età più matura ne divenne un’icona, a Bologna. Tra i primi a sposare la filosofia delle “acque libere”, oggi splendidamente rappresentata da un’altra bolognese felice e vincente, Martina Grimaldi. Gigi è stato una leggenda tra i Master, ha vinto tanto, è salito molte volte sul podio ai campionati italiani, ma nessuno ha mai sentito dalla sua voce l’elenco dei trionfi e dei trofei. A lui, del nuoto come dell’atletica e in generale dello sport, interessava il lato umano. Cioè la conoscenza di quelli che popolavano quel mondo, che era anche il suo. E’ stato un maestro per tanti, ma alla forza dei risultati ha sempre unito quella aggregante della sua umanità, che conquistava il prossimo. Non entrava nella vita altrui mostrando medaglie, era molto più facile che fosse lui a dichiarare ammirazione per gli altri, con una disarmante e serena sincerità. Con addosso la sicurezza spiazzante di un maestro zen, che ti spiega la vita facendoti credere di farsela spiegare.

Allegro, compagno di vita e di discussioni spesso profonde, a volte goliardico, sempre tenace nella sua dedizione a una disciplina, il nuoto, che lo faceva sentire libero e parte di un mondo che avvolge e compenetra, il mondo magico dell’acqua di cui si era innamorato. Lascia la moglie e due figlie ancora troppo giovani. Come in fondo sapeva essere lui, un ragazzo del 1950 che nel mare sembrava aver trovato un segreto per l’eterna giovinezza. Per questo oggi le vigliaccate del destino ci sembrano qualcosa di inimmaginabile, prima ancora che assurdo.

Renonews, 23 settembre 2013