sabato 18 gennaio 2020

L'ALTRA META' DI ONDINA


Battuta dalla Valla alle Olimpiadi di Berlino, dette vita con lei a una sfida che illuminò lo sport italiano

testo di Marco Tarozzi


Sono fatti così, i treni della storia. Quando passano, devi avere la voglia, la forza e spesso soprattutto la fortuna di farti trovare pronto. Se li perdi, è inutile mettersi ad aspettare. Difficilmente li vedrai tornare.
E’ successo a due donne, nel mondo dello sport, di trovarsi sul crinale tra il passato e il futuro, tra la cronaca e la storia. E il caso ha voluto fossero due ragazze di Bologna. Stessa età, stessa scuola, persino stessa squadra. Il nome di una è rimasto scritto negli annali, e ci resterà per sempre: Trebisonda Valla, detta Ondina, la prima donna italiana a conquistare un oro alle Olimpiadi. Un’apripista, insomma. L’altra valeva quanto lei, ma quel giorno, il 6 agosto 1936, non riuscì a prendere al volo quel treno. Così, nell’immaginario collettivo Claudia Testoni resta una figura perdente, battuta, sconfitta. La “medaglia di legno” della gara degli 80 ostacoli a Berlino, mentre Ondina mostrava al mondo lo scintillio di quella d’oro. Bisogna andare nel profondo di quella storia d’atletica che ormai ha più di ottant’anni, per capire che fu una questione di dettagli. Che Claudia andrebbe ricordata quanto Ondina, perché gli stereotipi sullo sport femminile li hanno sradicati insieme. Perché insieme hanno fatto quella rivoluzione vincente.

AMICHE-RIVALI – Dicevamo: Stessa città, stessa scuola, stessa squadra. Claudia e Trebisonda erano nate a cinque mesi l’una dall’altra. Claudia, la più “anziana”, il 19 dicembre 1915, la Valla il 20 maggio 1916. Frequentarono la stessa scuola, la Regina Margherita, e insieme si appassionarono all’atletica leggera, roba da pionieri per le ragazze di allora, iscrivendosi alla Bologna Sportiva gioiello di Arpinati, che poi sarebbe confluita nella Sef Virtus. Ben presto si mostrarono atlete poliedriche, ed eccellenti a livello nazionale: Ondina specialista delle corse piane, del pentathlon e del salto in alto (saltò 1.56 nel 1937, primato italiano che resistette 18 anni), Claudia nel lungo (sette volte tricolore in un decennio). Ma il destino le mise una di fronte all’altra, nel giorno più importante della loro carriera sportiva, sugli ostacoli alti.
Fino ad un anno prima delle Olimpiadi che avrebbero dovuto celebrare i fasti del nazionalsocialismo, quelle in cui Jesse Owens rovinò la festa ai cultori della pura razza ariana, le due campionesse bolognesi si erano sfidate in tutto 92 volte, nelle varie specialità che affrontavano. Bilancio nettamente a favore della Valla, 67 a 20, aggiungendo cinque gare in cui erano finite ex-aequo.
Caratteri differenti, le due amiche: vulcanica ed esplosiva Trebisonda, riflessiva e riservata Claudia. Che forse proprio per non sentire la pressione di questo “duello”, nell’anno olimpico si era trasferita a Torino, per vestire i colori della Venchi. La cosa le aveva dato evidenti stimoli, dal momento che prima di Berlino i faccia a faccia erano stati sei, tutti vinti da Claudia. Che aveva avuto la meglio sull’amica tre volte negli 80 ostacoli, una volta nel lungo, una nell’alto e una negli 80 piani. Insomma, in Germania a presentarsi da favorita era proprio lei.

UN GIORNO NELLA STORIA – Le aspettative erano alte. Ma la stampa internazionale dell’epoca perse qualche colpo, dimenticando i trascorsi delle due azzurre e preferendo puntare su altre favorite per la gara degli 80 ostacoli, orfana della leggendaria Babe Didrikson, l’americana appena passata al professionismo. Sotto i riflettori finirono l’altra statunitense Simone Schaller, le tedesche Anni Steuer e Doris Eckert, rese eroine dalla retorica nazista, la britannica Violet Webb. Meglio per le due bolognesi, soprattutto per la Valla che il 5 agosto chiuse la propria semifinale al primo posto con un tempo da record del mondo, 11”6, non omologato a causa dei favori del vento. Ma anche la Testoni, terza nell’altra semifinale con evidente facilità, staccò il biglietto per l’atto conclusivo.
Ed eccole entrambe sulla linea di partenza, il 6 agosto 1936. Testoni in corsia 3, Valla in corsia 5. Sei atlete a giocarsi l’oro olimpico. Fuori causa Schaller e Webb, eliminate in semifinale. Giochiamocela come fosse ora, questa finale: Testoni che esce perfetta dai blocchi, e resta al comando fino ai 50 metri. Valla che rinviene, insieme alle altre. Sul traguardo piombano in quattro, tutte con lo stesso crono, 11”7. Occorrono tre quarti d’ora e l’utilizzo di un macchinario automatico rivoluzionario, la Ziel-Zeit Camera capace di “leggere” il millesimo di secondo, per definire la classifica. Ondina Valla è prima, ed è nella storia: la prima italiana a conquistare un oro olimpico. Al secondo posto Anni Steuer, al terzo la canadese Elizabeth Taylor. Per Claudia Testoni la delusione di quel quarto posto, a settanta centesimi dall’oro. E’ lei l’altra protagonista di una finale senza precedenti. Solo che si è ritrovata dalla parte sbagliata della storia.

LEGATE PER SEMPRE – Claudia Testoni uscì comprensibilmente delusa dall’esperienza olimpica. Ma non per questo rassegnata. Niente rigetto, l’atletica restò ancora al centro della sua vita. Dal 1936 al 1940 incontrò Ondina sulle piste altre diciotto volte, e in sedici occasioni la sconfisse. Corse due volte la distanza a tempo di primato mondiale, 11”3, nel 1938 a Garmisch-Partenkirchen e un anno dopo a Dresda. Nel 1938, dopo aver rischiato di non partecipare a causa di disturbi alla vista, si laureò campionessa europea degli 80 ostacoli. E poi il record del mondo di salto in alto da ferma, 1.29 metri, roba che nei libri dei record quasi non si trova più.
Che fossero rivali nell’atletica leggera, Claudia e Ondina, non c’è dubbio. Entrambe avevano una bella carica di agonismo da buttare in pista e in pedana. Che dopo le Olimpiadi fossero diventate acerrime nemiche è un falso storico. Per confutarlo, basta un semplice aneddoto che riguarda l’avventuroso viaggio di nozze della Valla, sposatasi nel 1944 con il dottor Gabriele De Lucchi, specialista ortopedico al Rizzoli, che l’aveva inizialmente liberata dal mal di schiena, retaggio di anni di agonismo. Dopo la funzione, i due partirono per Vicenza dove il medico doveva prendere servizio, ma furono costretti a rientrare verso Bologna. In bicicletta, con la pianura esposta ai bombardamenti alleati, la coppia si rifugiò a Desola di Mantova, a casa di Claudia che lì si era trasferita insieme al marito, Edo Pedrazzini.
Altra conferma, il rapporto epistolare che tra le due amiche non si sarebbe mai più interrotto, fino alla morte di Claudia, avvenuta a Cagliari dove si era trasferita, il 17 luglio 1998. A chi le chiedeva un ricordo dell’amica, Ondina rispondeva che “pensare a Claudia significa pensare alle cose più belle della mia vita”. C’è molto più di un oro olimpico, in una storia di sport. E quando ci sono i vincitori, non necessariamente accanto a loro ci sono degli sconfitti.



CLAUDIA TESTONI è nata a Bologna il 19 dicembre 1915. E’ stata protagonista di un memorabile duello sportivo con la concittadina Ondina Valla, che entusiasmò l’Italia anticipando quello che nel ciclismo coinvolse Fausto Coppi e Gino Bartali, e allo stesso tempo mise in risalto il movimento sportivo femminile. Quarta nella leggendaria finale degli 80 ostacoli alle Olimpiadi di Berlino del 1936, vinta dalla Valla, è stata 22 volte campionessa italiana nelle varie specialità a cui si dedicava (7 nel lungo, 5 negli 80 ostacoli, 3 nei 100 metri e nella 4x100, 2 nei 200 metri, una nei 60 piani e negli 80 piani) e 17 volte in Nazionale. Campionessa europea degli 80 ostacoli nel 1938, è stata inserita nella Hall of Fame della Federazione Italiana di Atletica Leggera. E’ scomparsa a Cagliari il 17 luglio 1998.

NELLE VALLI BOLOGNESI“I miti dello Sport” – n. 3, 2019