L’ ex-pro è il “diesse” della
Lampre-Merida di Diego Ulissi
“Due vittorie, tante emozioni e l’amore della gente. Il ciclismo che amo”
“Due vittorie, tante emozioni e l’amore della gente. Il ciclismo che amo”
di Marco Tarozzi
Ho visto
anche degli zingari felici. Sono quelli che in un modo o nell’altro, da
corridori, tecnici, dirigenti o addetti ai lavori, fanno parte della carovana
del Giro d’Italia, un lungo viaggio conclusosi ieri a Torino. Quasi un mese in
giro per la penisola, attraversandola da sud a nord, dopo una partenza all’estero,
un’anomalìa diventata consuetudine: quest’anno la miccia si è accesa in Olanda,
e nelle ultime tappe si è anche viaggiato, ad alta quota, sulle strade di
Francia.
Lì in mezzo,
in quella carovana che ha saputo risvegliare l’emozione della gente, c’è un
bolognese che di ciclismo professionistico alle spalle ne ha tanto da scriverci
un libro. Che potrebbe averne anche abbastanza, non fosse che l’entusiasmo è
ancora quello di quando a correre era lui. Nel cuore della corsa rosa c’è il
sorriso, l’esperienza, l’approccio sempre positivo di Orlando Maini, direttore sportivo della Lampre-Merida, la squadra
che ha portato a casa anche due tappe grazie al talento di Diego Ulissi. Saldo
positivo, per la squadra del presidente Galbusera, e ovviamente per chi ha
saputo guidarla nel migliore dei modi fino a Torino.
“Siamo
soddisfatti”, attacca Maini. “Per i due successi di Diego, naturalmente, ma
anche per come si sono comportati i nostri ragazzi in gara. Questo è un gruppo
molto unito, e l’ha dimostrato in queste tre settimane. Il nostro obiettivo,
alla vigilia del Giro, era poterci trovare ogni sera a cena con la certezza di
aver dato tutto quanto era nelle nostre possibilità. E in questo senso io
considero la missione perfettamente riuscita”.
Poi, naturalmente, portare a casa due
tappe ha un sapore ancora più dolce. Lo sa bene Orlando, che quando correva
riuscì a far sue le tappe di Soria alla Vuelta dell’84 e di Jesi al giro dell’85.
“I successi
di Ulissi sono stati momenti importanti, anche per come sono maturati. Ma non
dimenticherei i due quarti posti in tappe di montagna, i piazzamenti di Modolo
allo sprint, il terzo posto di Conti nella classifica finale per la maglia
bianca, destinata al miglior giovane. Tutte prove del buon lavoro fatto da
tutta la squadra, dal primo all’ultimo giorno”.
Ci si chiede se un Ulissi così non
sarebbe più adatto a cercar fortuna nelle grandi classiche, più che nelle corse
a tappe.
“Alla base di tutto c’è il suo talento
incredibile. L’anno prossimo Diego avrà ventotto anni, un’età giusta per la
maturazione definitiva anche nelle gare come il Giro. Vedremo, cercheremo di
pianificare tenendo conto di tutto. Intanto, ci godiamo quanto di buono ha
fatto vedere in questa occasione”.
Certamente anche il Ct Davide Cassani,
che ha seguito con attenzione sul campo la corsa rosa dalla prima all’ultima
tappa, ha segnato il nome del capitano della Lampre-Merida sul taccuino per il
difficile percorso della prova olimpica di Rio.
“Se toccasse
anche a lui, sarebbe qualcosa di prestigioso. Cassani farà sapere le sue
scelte, e certamente saranno ben argomentate. Diego si muoverà di conseguenza.
Certo, il percorso olimpico non sarà una passeggiata, tutti i migliori
scalatori saranno in corsa”.
Orlando ha girato l’Italia e ora si
prende qualche giorno di riposo, meritatissimo, nella sua Bologna. Concentrandosi sulla corsa alla promozione
della Fortitudo, l’altra sua grande passione sportiva. Al Tour la Lampre-Merida
porterà un altro Ds. Scelte condivise.
“Il fatto è
che per me il Giro d’Italia è la corsa più bella del mondo, sono felice di
seguirlo anno dopo anno. Ed è anche la più difficile, la più complicata tra le
corse a tappe, a mio parere. Per questo mettersi in luce su queste strade ha un
valore immenso. Per questo non vorrei mai mancare a questo appuntamento,
nonostante il fascino del Tour”.
Vincenzo Nibali, araba fenice che
risorge nelle ultime giornate, ci ha scritto un pezzo di storia del ciclismo,
su queste strade. In fondo, è bello esserci anche per poter dire di essere
stati testimoni di giornate del genere.
“Il
ciclismo è così, e io lo amo per questo. Al pubblico non chiede soldi per un
biglietto, ma partecipazione e affetto. Cosa c’è di più bello, per dei tifosi,
di trovarsi tutti insieme a mangiare in cima a un passo, aspettando ognuno il
proprio beniamino? Quando arriva la gara ognuno tifa secondo il cuore, ma prima
c’è questo senso di fratellanza che unisce. Poi, oltre alla grande prova di
Nibali, che è entrato di diritto tra i grandissimi del ciclismo, collezionando
vittorie in due Giri, un Tour e una Vuelta, escono fuori anche personaggi come
Chaves e Kruijswijk, che perdono dopo aver lottato, con una sportività unica, e
sono i primi a complimentarsi col vincitore. Hanno avuto problemi, l’olandese
in particolare ha fatto una caduta bruttissima scendendo dal Colle dell’Agnello.
Ma tutti e due l’hanno spiegata molto semplicemente, con grande umiltà: ha
vinto il più forte. E anche in questo c’è la forza e la bellezza di questo
sport”.