Marco Orsi, campione d’Europa dei 100
stile, sogna la seconda Olimpiade. E uno sport più
pulito
di Marco Tarozzi
Il Bomber non
dimentica. Nemmeno da campione d’Europa. E’ un ragazzo legato alle radici e
alle origini, Marco Orsi. Un gigante buono nato nella Bassa, cresciuto a pane,
piscina e giusti valori, trasmessi con attenzione e affetto da mamma Mara e
papà Rino a lui e alle amatissime gemelle Monia e Silvia. Il suo mondo, piccolo,
colorato e infinitamente grande.
Così, raccontando dell’oro conquistato prima di Natale in Israele nei 100 stile libero, agli Europei di nuoto in vasca corta, primo titolo individuale di spessore in una carriera già costellata di successi di squadra e di medaglie “pesanti”, Marco non dimentica gli inizii, e quelle stagioni di crescita così vicine al nostro mondo...
Così, raccontando dell’oro conquistato prima di Natale in Israele nei 100 stile libero, agli Europei di nuoto in vasca corta, primo titolo individuale di spessore in una carriera già costellata di successi di squadra e di medaglie “pesanti”, Marco non dimentica gli inizii, e quelle stagioni di crescita così vicine al nostro mondo...
“A sei anni iniziai a Budrio, dove
abitavo, ma presto arrivai al Record Nuoto Club. Mi ci portò Andrea Luppi.
Allora la società era gestita dal Circolo Dozza, ricordo bene quell’ambiente e
le mie prime soddisfazioni, uno stimolo a crescere e a seguire la strada del
nuoto. Sono stati anni belli e importanti, prima di approdare al CN Uisp, dove
mi sono messo in luce a livello nazionale, e alle Fiamme Oro”.
Con questi
colori, e sotto la guida di Roberto Odaldi, il campione bolognese ha raggiunto
la maturità agonistica, e colto il successo individuale più brillante di una
carriera da quasi veterano, nonostante i venticinque anni d’età.
“Devo dire che è stato un Europeo in
crescendo, ma non esattamente come speravo. Puntavo molto sui 50 stile, e lì
alla fine sono arrivato secondo. Ma in quella gara deve andarti bene tutto,
dalla partenza alla virata, è una prova molto tecnica. Invece ho sbagliato
parecchie cose, in finale io e il russo Sedov siamo arrivati praticamente
insieme. E’ andata bene a lui, per cinque centesimi. Ai 48 metri mi sono detto
“è fatta”, invece ho fatto male i conti. Ma è stata una sconfitta utile, mi è
servita per affrontare i 100 stile nel modo giusto. E lì è arrivato il titolo
europeo, la mia prima medaglia d’oro individuale a questo livello. Certo,
mancava il francese Manadou, il campione olimpico. Ma come si dice: hanno torto
gli assenti, giusto?
Nemmeno il
tempo di festeggiare il successo, e le altre quattro medaglie continentali (oro
anche nella 4x50 mista e nella 4x0 stile mista, argento nei 50 stile e nella
4x50 stile) e subito il campione ha volato verso Indianapolis, per partecipare
ad un meeting dal nome ad effetto, “Duel in the Pool”. Americanate, ma con molta sostanza dietro…
“Risultati decisamente meno validi.
Eravamo tutti un po’ stanchi, non abbiamo recuperato bene il fuso orario. Era
previsto: è stata soprattutto una prova per vedere come il mio fisico reagisce
al jet-leg. Se dovessi conquistare un posto alle Olimpiadi di Rio, sarà stata
un’esperienza utilissima”.
Già: il
grande sogno ha cinque cerchi. Ad oggi, Marco è più che candidato al viaggio
olimpico. Anche se preferisce il profilo basso, quello di chi è abituato a
raggiungere gli obiettivi un passo alla volta.
“Ho questo titolo europeo da cui
partire, mi serve come stimolo, ma è chiaro che di qui ad agosto ne vedremo
delle belle, e conterà essere al meglio allora.
Per dire, c’è chi ha preferito non partecipare agli Europei. Purtroppo i
francesi non sono nuovi a questo tipo di scelte, mentre i russi forse si sono
un po’ intimoriti per tutto quello che si è detto e fatto in tema di doping nei
confronti del loro mondo sportivo. Manadou ha snobbato la gara, ma lui fa così
quando non è in forma e non si sente sicuro del risultato. Ha preferito
gareggiare, nelle stesse giornate, ad Amsterdam, con risultati decisamente
inferiori alle sue possibilità. Noi italiani abbiamo utilizzato questo
appuntamento per vivere cinque giorni di
gare ad alto livello e vedere l’effetto che faceva sulle nostre prestazioni”.
Aspetta
primavera, il Bomber. Allora tutti scopriranno le carte.
“Non so a che livello siano oggi gli
avversari per Rio, ad aprile o maggio molti si riveleranno davvero in vasca
lunga, per tanti di loro un ambiente più naturale. Ai trials americani ne
vedremo delle belle, poi usciranno allo scoperto australiani e russi, che
adesso un po’ si stanno nascondendo. Alla fine, comunque, le Olimpiadi sono una
gara particolare, dove non sempre vince il favorito della vigilia. L’obiettivo
per me è raggiungere la finale, e una volta lì provare a giocarmela fino in
fondo”.
Ci sarebbe
molto da dire sui picchi di forma, sulle prestazioni altalenanti di tanti
atleti di vertice. Soprattutto, sul ritorno in gara di chi è rimasto fuori dopo
essere caduto in storie di doping, in barba a un codice etico che dovrebbe
avere un valore assoluto e spesso viene considerato un foglio di carta, una
data senza effetti retroattivi.
“Io cerco sempre di non fare processi
senza prove. E’ vero, ci sono atleti che arrivano al meglio solo agli
appuntamenti che contano e durante l’anno spesso non si fanno vedere, ma è
anche questione di programmi, di metodi di avvicinamento alle gare. Io, per
esempio, ho bisogno di gareggiare molto, per altri non è così. Poi, certo, ci
sono casi che ti fanno pensare. Ma io evito di farlo, mi concentro sulle mie
cose. Però sono felice se vengono intensificati i controlli, credo sia
ora. Vedo tornare in corsia atleti che
hanno scontato mesi, in certi casi anni di squalifica. E questo non è giusto.
Credo che quelli che hanno scelto scorciatoie dovrebbero essere radiati dal
mondo dello sport, non solo dalle piscine. Non dovrebbero esistere più,
sportivamente parlando. E’ una questione etica: io mi sentirei male a guardare
in faccia avversari e compagni, e soprattutto i miei genitori, se sapessi di
non essere pulito. Con che forza potrei esultare? Cerco di arrivare il più
lontano possibile con le mie forze. Se poi questo mi fa arrivare a una medaglia
d’argento piuttosto che a un oro, va bene lo stesso. Perché me la sono
guadagnata senza tagliare il percorso…”
Stare ai
vertici significa pagare un prezzo. In fatto di stress, di lontananza dalle
persone e dalle cose più amate. Marco ha spalle forti, anche in questo la sua
genuinità lo aiuta.
“E’ dura stare sempre in giro, tra
gare e raduni, ma è la mia scelta di vita. Per fortuna ho una famiglia che mi
ha sempre sostenuto, e la sento vicina anche quando non c’è materialmente.
Anche questo mi dà forza. Quanto allo stress, è logico che a certi livelli ci
sia. Ho imparato a gestirlo anche con l’aiuto di uno psicologo dello sport,
bravissimo. Si chiama Mirko Mazzoli, è faentino. I social ci aiutano a
mantenere i rapporti quando sono in giro per il mondo. Ho capito che ne avevo
bisogno prima di arrivare alla finale olimpica della staffetta a Londra, nel
2012. Era la prima gara davvero importante, ho scelto di farmi aiutare e ho fatto
bene. Oggi affronto qualunque momento importante con una grandissima
tranquillità interiore”.
Il cammino
verso Rio è iniziato. Sarebbe la seconda Olimpiade dopo il debutto a soli
ventun’anni, un sogno realizzato ma anche una delusione per certi rapporti mai
decollati, a livello di team.
“Qualcosa non funzionò allora, ma
dagli errori abbiamo imparato tanto, e si è visto dalla solidità del gruppo
anche agli Europei in Israele. Sarà una Nazionale più forte, ne sono certo. Io
dopo l’esperienza londinese ho scelto di affidarmi a Roberto Odaldi, un tecnico
con cui oggi c’è un feeling perfetto. Lo seguirei in capo al mondo, ma oggi
sogno che insieme si possa arrivare… in Brasile. Poi, non so cosa possa
succedere dall’altra parte dell’Atlantico, se ci arriveremo. A Londra Manadou
arrivò da oustider e poi vinse. Non arrivo a pensare che possa capitare la
stessa cosa a me, ma certo mi piacerebbe conquistare almeno una finale. Sarebbe
fantastico: la storia di un ragazzino nato a Castel San Pietro, che ha iniziato
a nuotare a Budrio quasi per gioco e si ritrova di nuovo alle Olimpiadi. Si,
essere dentro una finale, tra i migliori in quella occasione, sarebbe una
favola che diventa realtà. Un grande sogno realizzato. E farò di tutto per
riuscirci”.
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CHI E’ MARCO ORSI
MARCO ORSI è nato a Castel San Pietro l’11
dicembre 1990. Cresciuto a Budrio, ha iniziato a nuotare ancora bambino
passando dal Record Nuoto Club e approdando al Circolo Nuoto Uisp, per il quale
è ancora tesserato gareggiando anche per le Fiamme Oro. E’ allenato da Roberto
Odaldi. Tra i suoi grandi successi i tre titoli europei 2015 in vasca corta
(100 stile libero, 4x50 mista stile libero, 4x50 misti), oltre ai quattro
precedenti nella 4x50 mista (2011 e 2013), e nella 4x50 stile libero (2010 e
2011). Agli Europei ha ottenuto l’argento nel 2012 e il bronzo nel 2014 nella
4x100 stile. Argento ai Mondiali in vasca corta nel 2012 (4x100 stile) e nel
2014 (50 stile individuale). Ha partecipato alle Olimpiadi di Londra, finendo
settimo con la staffetta 4x100 stile azzurra. Vincitore di 15 titoli italiani
individuali e 16 nelle staffette, detiene i record nazionali dei 50 stile
(21.64) e dei 100 stile in vasca corta (46.04).
IL NUOVO INFORMATORE, gen/feb 2016
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