martedì 26 gennaio 2016

IL BOMBER ADESSO SOGNA RIO



Marco Orsi, campione d’Europa dei 100 stile, sogna la seconda Olimpiade. E uno sport più pulito
di Marco Tarozzi

Il Bomber non dimentica. Nemmeno da campione d’Europa. E’ un ragazzo legato alle radici e alle origini, Marco Orsi. Un gigante buono nato nella Bassa, cresciuto a pane, piscina e giusti valori, trasmessi con attenzione e affetto da mamma Mara e papà Rino a lui e alle amatissime gemelle Monia e Silvia. Il suo mondo, piccolo, colorato e infinitamente grande.
Così, raccontando dell’oro conquistato prima di Natale in Israele nei 100 stile libero, agli Europei di nuoto in vasca corta, primo titolo individuale di spessore in una carriera già costellata di successi di squadra e di medaglie “pesanti”, Marco non dimentica gli inizii, e quelle stagioni di crescita così vicine al nostro mondo...

“A sei anni iniziai a Budrio, dove abitavo, ma presto arrivai al Record Nuoto Club. Mi ci portò Andrea Luppi. Allora la società era gestita dal Circolo Dozza, ricordo bene quell’ambiente e le mie prime soddisfazioni, uno stimolo a crescere e a seguire la strada del nuoto. Sono stati anni belli e importanti, prima di approdare al CN Uisp, dove mi sono messo in luce a livello nazionale, e alle Fiamme Oro”.

Con questi colori, e sotto la guida di Roberto Odaldi, il campione bolognese ha raggiunto la maturità agonistica, e colto il successo individuale più brillante di una carriera da quasi veterano, nonostante i venticinque anni d’età.

“Devo dire che è stato un Europeo in crescendo, ma non esattamente come speravo. Puntavo molto sui 50 stile, e lì alla fine sono arrivato secondo. Ma in quella gara deve andarti bene tutto, dalla partenza alla virata, è una prova molto tecnica. Invece ho sbagliato parecchie cose, in finale io e il russo Sedov siamo arrivati praticamente insieme. E’ andata bene a lui, per cinque centesimi. Ai 48 metri mi sono detto “è fatta”, invece ho fatto male i conti. Ma è stata una sconfitta utile, mi è servita per affrontare i 100 stile nel modo giusto. E lì è arrivato il titolo europeo, la mia prima medaglia d’oro individuale a questo livello. Certo, mancava il francese Manadou, il campione olimpico. Ma come si dice: hanno torto gli assenti, giusto?

Nemmeno il tempo di festeggiare il successo, e le altre quattro medaglie continentali (oro anche nella 4x50 mista e nella 4x0 stile mista, argento nei 50 stile e nella 4x50 stile) e subito il campione ha volato verso Indianapolis, per partecipare ad un meeting dal nome ad effetto, “Duel in the Pool”.  Americanate, ma con molta sostanza dietro…

“Risultati decisamente meno validi. Eravamo tutti un po’ stanchi, non abbiamo recuperato bene il fuso orario. Era previsto: è stata soprattutto una prova per vedere come il mio fisico reagisce al jet-leg. Se dovessi conquistare un posto alle Olimpiadi di Rio, sarà stata un’esperienza utilissima”.

Già: il grande sogno ha cinque cerchi. Ad oggi, Marco è più che candidato al viaggio olimpico. Anche se preferisce il profilo basso, quello di chi è abituato a raggiungere gli obiettivi un passo alla volta.

“Ho questo titolo europeo da cui partire, mi serve come stimolo, ma è chiaro che di qui ad agosto ne vedremo delle belle, e conterà essere al meglio allora.  Per dire, c’è chi ha preferito non partecipare agli Europei. Purtroppo i francesi non sono nuovi a questo tipo di scelte, mentre i russi forse si sono un po’ intimoriti per tutto quello che si è detto e fatto in tema di doping nei confronti del loro mondo sportivo. Manadou ha snobbato la gara, ma lui fa così quando non è in forma e non si sente sicuro del risultato. Ha preferito gareggiare, nelle stesse giornate, ad Amsterdam, con risultati decisamente inferiori alle sue possibilità. Noi italiani abbiamo utilizzato questo appuntamento per  vivere cinque giorni di gare ad alto livello e vedere l’effetto che faceva sulle nostre prestazioni”.

Aspetta primavera, il Bomber. Allora tutti scopriranno le carte.

“Non so a che livello siano oggi gli avversari per Rio, ad aprile o maggio molti si riveleranno davvero in vasca lunga, per tanti di loro un ambiente più naturale. Ai trials americani ne vedremo delle belle, poi usciranno allo scoperto australiani e russi, che adesso un po’ si stanno nascondendo. Alla fine, comunque, le Olimpiadi sono una gara particolare, dove non sempre vince il favorito della vigilia. L’obiettivo per me è raggiungere la finale, e una volta lì provare a giocarmela fino in fondo”.

Ci sarebbe molto da dire sui picchi di forma, sulle prestazioni altalenanti di tanti atleti di vertice. Soprattutto, sul ritorno in gara di chi è rimasto fuori dopo essere caduto in storie di doping, in barba a un codice etico che dovrebbe avere un valore assoluto e spesso viene considerato un foglio di carta, una data senza effetti retroattivi.

“Io cerco sempre di non fare processi senza prove. E’ vero, ci sono atleti che arrivano al meglio solo agli appuntamenti che contano e durante l’anno spesso non si fanno vedere, ma è anche questione di programmi, di metodi di avvicinamento alle gare. Io, per esempio, ho bisogno di gareggiare molto, per altri non è così. Poi, certo, ci sono casi che ti fanno pensare. Ma io evito di farlo, mi concentro sulle mie cose. Però sono felice se vengono intensificati i controlli, credo sia ora.  Vedo tornare in corsia atleti che hanno scontato mesi, in certi casi anni di squalifica. E questo non è giusto. Credo che quelli che hanno scelto scorciatoie dovrebbero essere radiati dal mondo dello sport, non solo dalle piscine. Non dovrebbero esistere più, sportivamente parlando. E’ una questione etica: io mi sentirei male a guardare in faccia avversari e compagni, e soprattutto i miei genitori, se sapessi di non essere pulito. Con che forza potrei esultare? Cerco di arrivare il più lontano possibile con le mie forze. Se poi questo mi fa arrivare a una medaglia d’argento piuttosto che a un oro, va bene lo stesso. Perché me la sono guadagnata senza tagliare il percorso…”

Stare ai vertici significa pagare un prezzo. In fatto di stress, di lontananza dalle persone e dalle cose più amate. Marco ha spalle forti, anche in questo la sua genuinità lo aiuta.

“E’ dura stare sempre in giro, tra gare e raduni, ma è la mia scelta di vita. Per fortuna ho una famiglia che mi ha sempre sostenuto, e la sento vicina anche quando non c’è materialmente. Anche questo mi dà forza. Quanto allo stress, è logico che a certi livelli ci sia. Ho imparato a gestirlo anche con l’aiuto di uno psicologo dello sport, bravissimo. Si chiama Mirko Mazzoli, è faentino. I social ci aiutano a mantenere i rapporti quando sono in giro per il mondo. Ho capito che ne avevo bisogno prima di arrivare alla finale olimpica della staffetta a Londra, nel 2012. Era la prima gara davvero importante, ho scelto di farmi aiutare e ho fatto bene. Oggi affronto qualunque momento importante con una grandissima tranquillità interiore”.

Il cammino verso Rio è iniziato. Sarebbe la seconda Olimpiade dopo il debutto a soli ventun’anni, un sogno realizzato ma anche una delusione per certi rapporti mai decollati, a livello di team.

“Qualcosa non funzionò allora, ma dagli errori abbiamo imparato tanto, e si è visto dalla solidità del gruppo anche agli Europei in Israele. Sarà una Nazionale più forte, ne sono certo. Io dopo l’esperienza londinese ho scelto di affidarmi a Roberto Odaldi, un tecnico con cui oggi c’è un feeling perfetto. Lo seguirei in capo al mondo, ma oggi sogno che insieme si possa arrivare… in Brasile. Poi, non so cosa possa succedere dall’altra parte dell’Atlantico, se ci arriveremo. A Londra Manadou arrivò da oustider e poi vinse. Non arrivo a pensare che possa capitare la stessa cosa a me, ma certo mi piacerebbe conquistare almeno una finale. Sarebbe fantastico: la storia di un ragazzino nato a Castel San Pietro, che ha iniziato a nuotare a Budrio quasi per gioco e si ritrova di nuovo alle Olimpiadi. Si, essere dentro una finale, tra i migliori in quella occasione, sarebbe una favola che diventa realtà. Un grande sogno realizzato. E farò di tutto per riuscirci”.

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CHI E’ MARCO ORSI

MARCO ORSI è nato a Castel San Pietro l’11 dicembre 1990. Cresciuto a Budrio, ha iniziato a nuotare ancora bambino passando dal Record Nuoto Club e approdando al Circolo Nuoto Uisp, per il quale è ancora tesserato gareggiando anche per le Fiamme Oro. E’ allenato da Roberto Odaldi. Tra i suoi grandi successi i tre titoli europei 2015 in vasca corta (100 stile libero, 4x50 mista stile libero, 4x50 misti), oltre ai quattro precedenti nella 4x50 mista (2011 e 2013), e nella 4x50 stile libero (2010 e 2011). Agli Europei ha ottenuto l’argento nel 2012 e il bronzo nel 2014 nella 4x100 stile. Argento ai Mondiali in vasca corta nel 2012 (4x100 stile) e nel 2014 (50 stile individuale). Ha partecipato alle Olimpiadi di Londra, finendo settimo con la staffetta 4x100 stile azzurra. Vincitore di 15 titoli italiani individuali e 16 nelle staffette, detiene i record nazionali dei 50 stile (21.64) e dei 100 stile in vasca corta (46.04).
 
IL NUOVO INFORMATORE, gen/feb 2016

 

 

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