Il leggendario allenatore dell’atletica statunitense (e
di Steve Prefontaine) partecipò con la 10th Mountain Division alla conquista
dei Monti della Riva nel 1945, spezzando la Linea Gotica tedesca
di Marco Tarozzi
Nella storia
dell’atletica, Bill Bowerman ha un posto da protagonista. Praticamente una
leggenda. A partire dagli anni Cinquanta, ha alimentato la grande tradizione
dei runners dell’Oregon, guidando tra gli altri un mito della corsa come Steve
Prefontaine, che uscendo dalla Marshfield High School scelse la University of
Oregon proprio per farsi allenare da lui, che era il migliore. E’ stato un
pioniere e un divulgatore, anticipando il fenomeno della corsa “per tutti”, il
boom che ha portato milioni di amatori a muoversi, attraverso uno dei gesti più
semplici che conosciamo, sulle strade del mondo. Ha dato vita a un’azienda che
nel tempo è diventata un’icona dell’abbigliamento sportivo, una vera e propria
multinazionale, curandone i primi passi da imprenditore “homemade” ma tutt’altro che improvvisato.
Ma prima di tutto questo, Bill Bowerman ha fatto altro. E’ stato un soldato, un
ufficiale in tempi di guerra, mettendo ogni sua conoscenza al servizio di un
ideale di libertà. Ha partecipato agli ultimi fuochi del secondo conflitto
mondiale del secolo scorso, impegnato sui monti dell’Appennino emiliano, a una
manciata di chilometri da Bologna, ad organizzare l’offensiva americana contro
i tedeschi. Ed è questa storia, questa parte della sua vita certamente meno
conosciuta, che vi raccontiamo stavolta.
I GIORNI IN APPENNINO – Bowerman partecipa alla Liberazione
nei ranghi della 10th Mountain Division dell’86mo Reggimento, arrivata a Napoli
alla vigilia di Natale del ’44 e subito salita a Nord. Una divisione speciale,
addestrata in Colorado sulle Rocky Mountain, di cui fanno parte molti maestri
di sci e alpinisti, arruolatisi su base volontaria. Tra gli altri, c’è anche Bob
Dole, che nel ’94 si candiderà alle presidenziali Usa, contro Bill Clinton. Dole
è sottotenente, nell’aprile del ’45 gli toccherà guidare un drappello di una
decina di uomini nell’assalto a una località chiamata Torre Jussi, con i
tedeschi annidati su una collina, e rischierà la vita, ferito in uno scontro a
Castel d’Aiano.
La 10th Mountain Division arriva nella Valle del Dardagna a metà febbraio, con
l’obiettivo di conquistare i Monti della Riva e il Monte Belvedere. Sono
roccaforti della Wermacht, luoghi strategici da cui i tedeschi possono indirizzare le azioni dell’artiglieria tedesca.
Assicurarsi il controllo della “Riva
Ridge”, come gli americani hanno ribattezzato la zona, vuol dire sfondare
una Linea Gotica fin qui impenetrabile, e assicurare una marcia trionfale per la
liberazione di tutta l’Italia.
CLIMB TO GLORY
– Il generale George Hays è il comandante della divisione. Il capitano Bill
Bowerman, che sarà promosso maggiore nel corso delle operazioni successive, ha
un ruolo fondamentale. E’ il responsabile della logistica. Da quelle parti
molti ricordano ancora le storie raccontate da genitori e nonni, di quando gli
americani, prossimi all’assalto decisivo, hanno l’assoluta necessità di
reperire muli, per trasportare il materiale necessario all’impresa su quei
sentieri impervi. Il comando ha sede a Lizzano in Belvedere, e da lì gli uomini
comandati da Bowerman si muovono verso tutti i casolari per cercare animali da
tiro. Una “requisizione” necessaria e non forzata: i soldati rilasciano ai
proprietari, contadini e allevatori locali, una regolare ricevuta con cui possono
recarsi al comando per farsi pagare l’inatteso “acquisto”.
Ci si muove di notte, il 18 febbraio 1945, partendo da La Cà di Vidiciatico. E’
la “climb to glory”, silenziosa,
efficiente. Gli americani attaccano in salita, senza fare rumore: le piccozze,
che servono a guadagnare metri su un terreno arduo, sono avvolte nella stoffa.
La via scelta è giudicata “non scalabile”, anche dai tedeschi. Sono in 700,
invece, ad arrampicarsi, per un’impresa che gli stessi alleati giudicano
rischiosissima, tanto che nell’assalto hanno previsto la presenza di sei
medici, quando solitamente una truppa ne ha soltanto uno al seguito. La nebbia
scende ad aiutarli, nascondendo la lunga fila degli scalatori che arriva in
prossimità delle linee nemiche cogliendole nel sonno. I tedeschi, colti di
sorpresa, perdono le loro posizioni privilegiate, ma organizzano un
contrattacco che sfocerà in una cruenta battaglia durata cinque giorni. Nella
notte tra il 18 e 19 febbraio, mentre infuria la battaglia, i genieri del 126mo
Mountain Engineers costruiscono una teleferica in prima linea, qualcosa di
storico, che va da Cà di Julio a Cappel Buso, 540 metri di lunghezza e 200 di
dislivello. Servirà a trasportare a monte munizioni e materiali, ma anche a
spostare feriti e caduti. Alla fine, molti meno di quanto si era temuto. Le
perdite americane sono contenute: 21 soldati morti, 52 feriti. La notte del 23
febbraio i tedeschi si ritirano, e parte l’assalto al Monte Belvedere. Bill
Bowerman sarà ancora operativo nella battaglia di Monte Gorgolesco, e in quella
per la conquista di Iola di Montese, nella quale cadrà il norvegese
naturalizzato statunitense Torger Tokle, campione di salto con gli sci, più
volte primatista nazionale della disciplina. Quindi, la 10th Mountain Division
continuerà la sua marcia di liberazione, attraversando per prima il Po e
spingendosi fino ad Arco di Trento.
IL GURU DELL’OREGON – Tornato negli
States, il maggiore Bowerman già sul finire degli anni Quaranta è tecnico delle
squadre di atletica della University of Oregon. Per ventisei anni le guiderà ai
vertici dello sport statunitense, portando quattro volte l’ateneo al titolo
nazionale NCAA, forgiando 44 All Americans e 19 atleti approdati ai Giochi
Olimpici. Svezzando campioni come Bill Dellinger, “cuore di quercia”, bronzo
nei 5000 metri alle Olimpiadi di Tokio nel ’64, poi suo assistente dal ’72,
quando a Bowerman verrà affidata la guida del gruppo di mezzofondisti ai Giochi
Olimpici di Monaco. O come Jim Bailey, Otis Davis, Dyrol Burleson, Wade Bell,
Kenny Moore. E naturalmente “Pre”, al secolo Steve Prefontaine, la leggenda. Il
più grande mezzofondista americano della sua epoca, scomparso a soli 24 anni a
causa di un incidente stradale, quando all’apice del suo percorso atletico ed
umano deteneva tutti i primati statunitensi del mezzofondo, dai 2000 ai 10000
metri.
DA “PRE” ALLE “WAFFLE” – Stabilitosi ad
Eugene, la culla dell’atletica a stelle e strisce, Bowerman dal 1972 si dedica
totalmente alla sperimentazione delle scarpe da corsa della piccola azienda che
ha creato insieme a Phil Knight, suo allievo. Inventa
scarpe sperimentali e le chiama “waffle”, perché lavora alle suole con una
gomma speciale che plasma sulla macchinetta per i dolci “presa in
prestito” dalla dispensa della moglie. Quelle scarpe vengono portate in giro
con una macchina, a margine delle riunioni su pista in Oregon, e proposte agli
atleti. La piccola azienda si chiama dapprima Blue Ribbon Sports, ma presto i
suoi fondatori cercheranno un nome più propizio ed evocativo, scegliendo quello
della dea greca della vittoria, Nike. Non occorre ricordare ciò che
quell’azienda rappresenta oggi. Ha vestito fior di campioni, di tutti gli
sport. Ma uno soltanto ha l’onore di avere una statua che lo ricorda davanti
all’entrata del quartier generale di Beaverton, in Oregon. Steve Prefontaine,
naturalmente. Il primo a indossare quel prodotto, e il primo a diffonderlo al
di fuori dell’Oregon.
PER NON DIMENTICARE – Amici storici dell’atletica
petroniana hanno studiato a fondo questa storia. Sono ex mezzofondisti come
Giancarlo Brunetti, già presidente della Fidal bolognese, Guido Genicco, che in
Nike lavora da decenni, ed Ettore Casanova, hanno tenuto i contatti con gli
eredi del grande coach e tempo fa hanno addirittura proposto di innalzare un
cippo alla memoria di un grande uomo a cui dobbiamo molto, non solo nella
nostra vita da sportivi. Sarebbe un’idea. Perché Bill Bowerman, il creatore di
Nike, è stato tra i pianificatori dell’assalto alla Riva Ridge, ha lasciato il
segno del suo passaggio a Monte Pastore, Cereglio, Cà
Bortolani, Tolè, Lizzano in Belvedere. Fa parte di una storia importante, e gli
dobbiamo un bel po’ della nostra libertà.
(Nelle Valli Bolognesi - 2022)