venerdì 30 aprile 2010

Colomba: "Gli episodi? ti cambiano la vita..."


Marco Tarozzi

Un punto che ti avrebbe anche fatto sorridere. Un pareggio per cui avresti anche firmato. Prima, forse. Ma così no: in vantaggio per ottantotto lunghi minuti prima di farsi agguantare in pieno recupero. Così no. Dopo cinque sconfitte filate, ha l'aria dell'ennesima beffa. Eppure Franco Colomba è ripartito da lì, da Udinese-Bologna, da quella frase precisa pronunciata al Friuli nel dopopartita. “Ora sono ancora più convinto che ci salveremo”. Bella, ad effetto. Ma conoscendo chi l'ha pronunciata, non si può pensare che sia appoggiata sul vuoto. Lui ci crede. Nelle difficoltà, trova certezze a cui ancorarsi. Da lì, allora, da quella frase bisogna partire. Per capire, per provare a condividere.
“Ci credo, certo. Perché a Udine la mia squadra ha reagito a una sequenza di risultati negativi da brividi. E già questo è importante. Lo ha fatto su un campo non facile, contro una squadra che sta spingendo forte. E ha retto la sfida, soffrendo molto negli ultimi minuti, quando ha subito l'assalto più deciso. Abbiamo lottato fino alla fine per ottenere un risultato pieno. Non è arrivato, ma se quello era un Bologna sfiduciato...”
Il fatto è che cinque partite senza mettere da parte lo straccio di un punto lasciano il segno. Magari anche sull'ambiente, che un mese prima era euforico, si sentiva a un passo dall'approdo.
“C'è una visione diversa, è logico. C'è preoccupazione, e si può ben comprendere. Ma noi dobbiamo essere capaci di non farci contagiare da queste sensazioni, tirando dritto per la nostra strada. Certo, gli ultimi risultati non aiutano. Ma sappiamo come sono maturati: da partite giocate con carica agonistica, a parte quel secondo tempo con la Lazio che ci ha messo nei guai. La classifica parla chiaro, dice che abbiamo perso terreno. Ma siamo abituati a combattere, e lo faremo sempre”.
Del resto, non era lei che ammoniva contro i facili entusiasmi, quando il vantaggio sulla zona maledetta era così rassicurante?
“Io mi sono fatto una certa esperienza di come va questo mondo. O uno è presuntuoso e si sente un superuomo, o è realista e sa bene, anche quando sta racogliendo oltre misura, che arriveranno i tempi delle vacche magre. Per noi, purtroppo, sono arrivati. Il calcio è questo. Lo sport è fatto di alti e bassi”.
Di quelle cinque sconfitte, due hanno convinto meno delle altre perché erano meno preventivabili. La prima e l'ultima della serie: al Franchi contro il Siena, al Dall'Ara contro la Lazio.
“A Siena siamo andati subito in svantaggio, loro si sono difesi e la partita ha cambiato faccia. Avessimo vinto, o fatto risultato, quel giorno forse sarebbe stato tutto diverso. Invece è iniziato un trend negativo che a un certo punto sembrava inarrestabile. C'entra il calendario difficile, e c'entrano anche gli episodi. Intendiamoci, io non sono uno che si volta indietro a piangere. E poi, di certe cose si tende a non parlare, perché siamo sportivi. Ma se analizzo quello che è successo, con estrema lucidità, vedo un rigore inesistente che a Palermo ci ha riportato sotto quando avevamo recuperato, o un giocatore della Lazio che evita l'espulsione e nel secondo tenpo, invece di essere fuori dal campo, infila il gol del pareggio. Lo ripeto, non voglio giustificarmi. Dico solo che gli episodi contano, eccome se contano. E a volte ti cambiano la vita”.
La realtà è che a Siena avreste potuto chiudere praticamente i conti-salvezza, invece siamo ancora qui a fare calcoli. C'è un rimpianto che sovrasta tutto e tutti?
“Quelli che ho appena detto. Subire un rigore inesistente quando si sta spendendo tutto per restare in partita è un rimpianto. Vedere Dias ancora in campo quando avremmo potuto gestire un vantaggio in undici contro dieci, a giusta ragione, è un rimpianto. Ma è roba di un attimo. Ora dobbiamo semplicemente guardare avanti, perché è cambiata la classifica ma non la certezza di avere un traguardo alla nostra portata”.
Il calcio è fatto di numeri. Come quelli che dicono che il Bologna nel girone di ritorno ha collezionato secondi tempi da retrocessione. Non sono cifre confortanti.
“Non lo so, io non riesco a vederla in questo modo. Allora che dovremmo dire dei primi tempi, che sono da zone nobili? Le partite durano novanta minuti e vanno viste per quello che sono. Vai in vantaggio e cerchi di difenderti, prendi un gol e ti spingi avanti. Già così, sono due approcci diversi. Senza contare le varianti...”
Restiamo ai numeri più evidenti, allora. Sette partite, due punti. Un motivo in più per non festeggiare più di tanto il passo avanti di Udine.
“Però la squadra ha sempre lottato, ha combattuto. Solo in quella maledetta ripresa contro la Lazio si è fatta prendere dal timore di non farcela. Per il resto è stata, ed è, viva. E questo dobbiamo tenerlo a mente, mentre affrontiamo queste ultime sfide decisive”.
D'accordo, il gruppo non ha mollato. Ma là davanti qualcosa si è inceppato. E un attacco che non segna da una vita (Zalayeta, ultimo gol su azione contro il Napoli) non fa dormire sonni tranquilli.
“E' vero, ci manca il gol dei nostri attaccanti. Ma dopo quel numero di Marcelo, Adailton ha avuto almeno tre occasioni davanti al portiere avversario, e ne ha avute Gimenez. Io non accuso e non getto croci addosso a nessuno, proprio perché sono convinto che ci sia di mezzo anche la casualità. Credo nei miei uomini, so che là davanti abbiamo gente che ha confidenza con il gol. E su questo conto per il finale di campionato. Quei gol me li aspetto, sento che arriveranno”.
Sia sincero: se l'aspettava un risveglio così brusco, un mese e mezzo fa?
“Non è questione di sincerità, io sono realista. A Siena puoi vincere e chiudere tutti i discorsi. Vai là e finisce diversamente, dopodiché inizia un ciclo terrificante. E di perdere in fila con Roma, Palermo e Inter ci poteva stare, no? Perdere tre partite in una settimana è stato tremendo, comunque. Una botta terrificante, che avrebbe steso un cavallo. E così, poi: facendo bene, non tirando fuori nulla da forzi mentali e fisici enormi. Quella settimana ci ha cambiato il mondo, questa è la verità”.
C'è il Parma al Tardini, poi la sfida all'Atalanta che è diventata un duello da “dentro o fuori”. Che lenti usa per vederla con ottimismo?
“Quelle della ragione. La squadra è più viva che mai. Fa sua questa sensazione di malcontento, magari la ritiene eccessiva per quello che ha mostrato. Ma i risultati sono questi, e così i punti in classifica. Anche solo a guardarli, viene a tutti una gran voglia di reagire”.
I tifosi preparano uno stadio rossoblù. Certamente delusi, come voi, per questo finale complicato, faranno di tutto per starvi vicini.
“Non riuscirei a imaginare il contrario, a questo punto dobbiamo fare quadrato. Non solo noi in campo. Anche la nostra gente ha capito che il campionato è un percorso non sempre in discesa o sepre in salita. Dobbiamo convivere con questi alti e bassi, anche se non è semplice”.
Mai avuto paura di perdere l'abbraccio dell pubblico, in questo periodo nero?
“Non abbiamo certo fatto felici i nostri tifosi. Ma abbiamo dato l'anima. Sono certo che lo hanno capito. Saranno con noi e sarà importante”.
Rincorrere la salvezza con in tasca un contratto da tecnico del Bologna per i prossimi due anni. Che effetto fa?
“Non vedo l'ora che questa stagione finisca, e che finisca nel modo giusto. Per poter pensare alla prossima. Per ragionare, per costruire, per provare a plasmare il Bologna che verrà. Siamo a pochi punti dal nostro futuro. E quei punti dobbiamo farli adesso”.

Siamo Bologna, aprile 2010 (vigilia di Bologna-Parma)
(foto di Roberto Villani)

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