venerdì 25 marzo 2011

CARLTON, ILTALENTO DICE ADDIO


di Marco Tarozzi

Se è vero che anche le favole più belle sono destinate a finire, Carlton Myers ha scelto di chiudere la sua in modo tutt’altro che scontato. Le parole d’addio le pronuncerà a San Patrignano, in casa dell’amico Muccioli, dove c’è gente che pensa allo sport e alla vita. Dove nell’ultimo anno si è spesso fatto vedere in palestra per allenarsi con la squadra della comunità, aspettando di sapere se nel mondo dei canestri ci fosse ancora un posto degno per uno come lui, che ci è passato da protagonista assoluto. Chiusa l’avventura nella sua Rimini, dove ha in effetti giocato l’ultima gara ufficiale il 2 maggio dello scorso anno, Carlton si è guardato intorno. Non gli sarebbe dispiaciuto nemmeno chiudere a Bologna, in quella società che sta gettando le basi per raccogliere l’eredità della Fortitudo. La sua Fortitudo, la squadra che gli ha segnato la carriera, e in qualche modo la vita.
L’Aquila e Bologna. Una città amata e vissuta su una sponda precisa, diventandone bandiera, icona, capopopolo. Fino all’apoteosi del primo storico scudetto, sollevato da capitano dopo anni di tentativi andati a vuoto, battendo tutti gli avversari e anche un destino che sembrava avverso per definizione. “Non abbiamo mai vinto un...”, urlavano i suoi tifosi, ma impararono in fretta ad aggiungere quel “Carlton Myers numero uno” che tante volte lo trascinò in serate ispiratissime, che restano nella storia del basket. Come ci resta quel record, scritto con la canotta di Rimini, in A2, all’inizio di una carriera sfavillante, di ottantasette punti segnati in una sola partita. Con addosso la frenesia di chi ha una missione da compiere, e vuole lasciare il segno nel mondo in cui ha scelto di eccellere.
Carlton Myers ha raggiunto traguardi importanti, e avrebbe potuto raggiungerne molti altri, ma spesso ha preferito scegliere mettendo avanti il cuore, e questo non sempre ripaga in termini statistici. Ha sprigionato energia per le squadre di cui ha difeso i colori, e per quella Nazionale che ha servito con orgoglio, ripagato da un titolo europeo nel ‘99. Un’esplosione di talento, potenza atletica. Un fenomeno unico.
Mercoledì, a San Patrignano, nel giorno del quarantesimo compleanno, a fargli festa ci sarà anche il rivale numero uno della Città dei Canestri, quel Sasha Danilovic che finalmente può essergli sinceramente amico, dopo che le bandiere sono state ammainate.
«E così hai scelto il basket», gli disse un giorno papà Carlton senior. «Peccato, suonavi bene il flauto. Avresti potuto essere un bravo musicista». È stato un grande della pallacanestro. E alla pallacanestro mancherà.

L'Informazione di Bologna, 25 marzo 2011

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