domenica 9 ottobre 2011

IL GIRO DELL'EMILIA HA UN RE RAGAZZINO


di Marco Tarozzi

Il bello del Giro dell’Emilia è che sa sempre regalarti una storia importante. Può essere quella di un campione affermato, e sono tanti quelli che hanno lasciato il segno su questa grande classica in più di cent’anni di storia e novantaquattro edizioni. Oppure può proporti un nome nuovo di zecca, ma certamente non banale. Tutto da studiare, da memorizzare, perché una cosa è certa: se un corridore poco conosciuto ai più vince su queste strade, farà di sicuro parlare di sè.
Così sarà per Carlos Alberto Betancur, il talento di Colombia che si è fatto un sontuoso regalo per il ventiduesimo compleanno. Lo festeggerà tra cinque giorni, aggiungendo alla lista della felicità questa vittoria sul colle della Guardia, davanti al santuario di San Luca, luogo-simbolo per i bolognesi e da oggi anche per lui, ragazzo di Ciudad Bolivar abituato a ben altre altitudini, essendo nato e cresciuto a quota 1800 sopra il livello del mare.
Intendiamoci: per gli addetti ai lavori (e per chi conosce bene l’argomento ciclismo) Betancur è tutt’altro che uno sconosciuto. Vicecampione del mondo al Mondiale di Mendrisio 2009, un anno fa sempre da dilettante ha messo in carniere il Giro Bio, e quest’anno si è piazzato al quarto posto nella tappa del Sestriere del Giro d’Italia vinta dopo una fuga epica dal bielorusso Vasili Kiryienka. Ma qui, sulle rampe di San Luca, ci si aspettava il guizzo di un solito noto. Ivan Basso, soprattutto, che due settimane fa era addirittura venuto a ripassare il percorso, per tentare il bis della vittoria del 2004. O Juan Josè Cobo, trionfatore della Vuelta. O ancora Scarponi, Nibali, Rodriguez, il vecchio Rebellin. Tutti fuori dai giochi: Cobo si è fermato dopo la prima delle cinque salite al colle, Basso al terzo passaggio del circuito finale già mostrava la corda. L’unico a tentare qualcosa è stato Davide Rebellin, quarto e primo degli italiani sul traguardo, ma si è mosso troppo tardi.
A vivacizzare la corsa ci aveva pensato un gruppo di cinque uomini, in fuga dal chilometro 18 fino al primo passaggio a San Luca. Più di 140 chilometri da soli, con un vantaggio massimo di 8’26 prima del cinquantesimo. Dentro c’era anche Davide Ricci Bitti da Villafontana di Medicina, cresciuto a pane e ciclismo, da ragazzo, proprio nella società del paese natale, oltre che nella Dalfiume di Ozzano. Gli altri: Denifl, Laganà, Solari, Zdanov. L’austriaco Denifl è stato l’ultimo a mollare, a meno di trenta chilometri dalla fine, dopo il primo giro del circuito finale. Lì ci ha provato un altro giovane, Gianluca Brambilla della Colnago, anni ventiquattro, una vittoria da professionista nel 2010. La Liquigas, fin lì attivissima per preparare la strada a Basso, a un certo punto ha smesso di spingere, togliendo riferimenti agli altri protagonisti annunciati. E Betancur ne ha approfittato, come un veterano delle corse: prima ha riagganciato Brambilla insieme a Kiserlovsky e Zaugg, poi è rimasto a giocarsela con lo svizzero negli ulitmi chilometri. Sull’ultima salita è andato via tutto solo verso la sua prima, grande vittoria da professionista. Ha resistito ai tentativi di ritorno del gruppo, ormai sfilacciato, e forse sulle strade del Giro dell’Emilia ha iniziato a scrivere la sua favola.

DA CIUDAD BOLIVAR PER DIVENTARE CAMPIONE

di Andrea Bartoli

Ha una di quelle facce che sprigionano simpatia, il colombiano Carlos Alberto Betancur. A dirla tutta non pare neppure abbia da poco conquistato, dominandola, una delle classiche del ciclismo professionistico più antiche, quel Giro dell’Emilia arrivato quest’anno alla sua 94a edizione. Cosi apparentemente rilassato da dire: «Una corsa abbastanza dura, ma non troppo».
Ma non é sfrontatezza, la sua, quella che potrebbe avere un quasi ventiduenne (li compirà il 13 ottobre), ma consapevolezza dei propri mezzi: «È da un mese che mi sento molto bene ed all’inizio di settembre, assieme al mio team Acqua & Sapone, si é deciso di puntare sul sottoscritto per il finale di stagione, Giro di Lombardia compreso». E sulle durissime rampe che portano a San Luca, i frutti di quella scelta si sono visti tutti: «Quando a undici chilometri dall’arrivo é scattato lo svizzero Zaugg della Leopard, l’ho seguito senza indugi. Ho capito che poteva essere l’azione giusta e soprattutto le gambe rispondevano. Poi, lui ha iniziato l’ultima ascesa molto forte, ho aspettato che calasse un po’ il ritmo e quando, affiancandolo, ho colto dal suo sguardo la stanchezza, ho attaccato deciso».
Bel tipo Betancur, alla prima vittoria da professionista ha messo in cascina una delle corse più belle del calendario italiano. Non una meteora, si capisce, perchè nel 2010, da dilettante, ha vinto il Giro d’Italia Bio e il Giro di Colombia Under 23, dopo l’argento nel mondiale 2009 a Mendrisio. Un ragazzo molto attaccato alla famiglia, con papà Ignacio contadino nelle piantagioni di caffè, mamma Piedad casalinga ed i fratelli Andres, Paola, Cristina e Javier. Devoto, pure, tanto da sfoggiare sotto la maglietta un crocefisso e ringraziare più volte il Signore sotto la fettuccia d’arrivo. Un salto dai 1800 metri di Ciudad Bolivar fino a Santa Maria Monte, nel pisano, coccolato dal suo direttore sportivo sia di club sia nella Nazionale colombiana Franco Gini. Un amore, quello per la bicicletta, sbocciato a quattordici anni quando una professoressa della scuola, a furia di vederlo arrivare in sella alla due ruote, lo portò direttamente preso il team più forte della città. E adesso il colombiano dell’Acqua & Sapone pensa a chiudere bene il 2011, magari con un bel colpo al Lombardia, e guarda già con interesse il Giro d’Italia 2012: «Quest’anno ho preso le misure alla corsa rosa con il quarto posto nella tappa del Sestriere, ma per la prossima stagione mi piacerebbe curare una buona classifica». Sempre con il sorriso sulle labbra e con una simpatia innata: se al Giro dell’Emilia è nata una stella è presto per dirlo, ma Carlos Alberto Betancourt sulle rampe di San Luca ha recitato da grande campione.

L'Informazione di Bologna, 9 ottobre 2011

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