lunedì 7 novembre 2022

NEL PAESE DI GIACOMINO

 


Un piccolo mondo fuori dal mondo, dove anche il silenzio parla di un ragazzo che giocava nel campo della parrocchia e finì col diventare la bandiera del Bologna

di Marco Tarozzi

PORTONOVO DI MEDICINA

“Mi piace la campagna, in fondo ci sono nato. Se studiassi agraria, potrei fare il contadino con basi scientifiche, moderne. A Portonovo ci sono le zanzare, a Bologna c’è la nebbia e molto freddo. Eppure non c’è altra campagna al di fuori di Portonovo dove io vorrei stare, e non c’è altra città oltre a Bologna dove vorrei andare”.
Benvenuti a Portonovo, quindici chilometri da Medicina, un punto smarrito nella Bassa dove è nato l’ultimo gigante rossoblù. Ieri avrebbe festeggiato le ottantadue primavere, Giacomo Bulgarelli, se non se ne fosse andato troppo presto. Ma se venite qui, a camminare in un pomeriggio d’ottobre dentro una storia di paese e di margine, troverete mille dettagli che parlano ancora di lui. Magari, proprio come Giacomino da bimbo, avrete la fortuna di vedere un “saiano”. Dicono che non esista, un animale così; ma se lui lo ha incrociato, non può che essere stato in questa campagna.



MONDO PICCOLO. Portonovo ha un cuore antico. Fu fondata nel 1334, quando fu costruito il “Canale di Trecenta”, il tratto navigabile di Buda che portava le merci verso Ferrara e Modena. Un porto nuovo, appunto: per questo la strada che arriva dentro al paese è una sottile linea grigia: dalla San Vitale quattro chilometri dritti verso Buda, una curva ad angolo retto verso destra, mezzo chilometro e di nuovo giù, altri cinque in linea retta, che si perdono nel nulla. “E’ impossibile non trovare la piazza con il bar-trattoria”, dice sorridendo Romina Gurioli, presidente dell’associazione Pro Portonovi’s. “Prima che la strada faccia una leggera deviazione a sinistra e poi prosegua verso il Sillaro, ci sbatti contro”. La grande casa dove sorge il bar, con la trattoria ancora a pieno regime, è quella in cui è nato Giacomo. L’esercizio era gestito da suo zio, a fianco c’era il negozio di alimentari di papà Leandro, nell’edificio accanto la latteria della zia. Un mondo piccolo, guareschiano, da cui Giacomo partì appena dodicenne per andare a frequentare il collegio San Luigi a Bologna. Senza mai perdere il legame con le radici. Questo era davvero il porto nascosto, per lui. La pace e il silenzio in cui immergersi dopo le mille sfide del calcio.



LA TERRA BUONA. C’è un altro dettaglio che rende unico il paese. I terreni facevano parte della Partecipanza di Medicina, ma dopo il dissesto economico del 1892 divennero proprietà di un certo cavalier Benelli, che poi li cedette alla famiglia Tamba. Nel 1933 arrivarono le assicurazioni Generali di Trieste e acquistarono tutto: terreni, case antiche e nuove, in un certo senso anche chi ci viveva dentro, perché la mano d’opera per i lavori nelle immense proprietà veniva scelta sul posto. Un ambiente di operai.. della terra, in cui la famiglia Bulgarelli spiccava per quello status di borghesia che può permettere una attività commerciale ben avviata. Insomma, la famiglia “stava bene”, come si diceva allora. E Giacomo era uno studente modello, anche se dovette frequentare due volte la quinta elementare: non perché fosse stato bocciato, ma perché andare alle medie a Medicina era complicato e ci volle il tempo per organizzargli il trasferimento al San Luigi. Due anni dopo la sua partenza, tutto il nucleo familiare prese la strada di Bologna. Compresa Olga, la “dada” di Giacomino, grande maestra di cucina tradizionale, regina del tortellone, della tagliatella al ragù di cipolla e del “friggione”, che da queste parti è ancora oggi un piacere del gusto di cui è difficile privarsi.



MILANISTI MAI. “Giacomo fin da bambino ci sapeva fare, col pallone”, ricorda Secondo Selva, classe 1936, per quasi vent’anni presidente della società di calcio di Portonovo, nel cui ambiente gravita ancora,  dopo mezzo secolo. “Qui si usciva da scuola e si andava a giocare nel campetto dietro la chiesa, per interi pomeriggi. Poi lui finì nella squadra dei giovani, che qui avevamo ribattezzato “O la va o la spacca”. Beh, a lui è andata alla grande, niente da dire. Io negli anni ho coltivato una fede milanista: sa com’è, Giacomo non era ancora il Bulgarelli amato da tutti, e Rivera dettava legge. Lui non me l’ha perdonata, anche se poi ci è andato vicino, al Milan: ogni volta che tornava, scherzando, diceva “mè i milanèsta an’ i salùt brisa”, e ridevamo come matti”.



TESSERATO. Qui tutto è a due passi. Lo stadio, indicato così anche da un cartello stradale, è a duecento metri dalla piazza principale, che naturalmente è stata intestata al campione. Inaugurato nel 1976, ci gioca il Portonovo, oggi presieduto da Giuseppe Astorino, da sempre nella categoria Amatori. “Gli ho passato il testimone tre anni fa”, continua Selva, “dopo che io lo avevo ricevuto da Veliano Brusa, sessanta anni di amore per il nostro calcio. Non tutti lo sanno, ma a fine carriera Giacomo è stato tesserato per il Portonovo per almeno tre stagioni. E non solo lui: portò anche Giuseppe Vavassori, il portiere del Bologna anni Settanta, che però qui non voleva stare tra i pali e diventò centrocampista”. Su questo campo, Bulgarelli portava anche gli amici delle amichevoli domenicali: Giorgio Comaschi, Fio Zanotti, Andrea Mingardi, Jimmy Villotti, e poi Colomba, Pecci, Massimelli. Erano i giorni in cui Portonovo, la piccola Portonovo, si sentiva al centro del mondo.



VICINO E  LONTANO. Per dire, in quel cinema che è un gioiellino, costruito proprio nel 1933 dopo l’acquisto delle Generali, in una sera di ottobre del 1976 Sandro Ciotti venne a presentare in prima assoluta “Il profeta del gol”, il film su Johann Cruijff di cui era regista. Lo portò Bulgarelli, naturalmente, e con lui Pesaola, tanti giocatori e tanti giornalisti. Finì tutto con la leggendaria “Rustida a Newport”, con Ciotti virtuoso della fisarmonica, chili di pesce sulla griglia e fiumi di buon vino della campagna.
Perché Portonovo è esattamente come la descrive Romina Gurioli: “Un posto al centro del mondo dove c’era tutto, il pallone, la scuola, il cinema, i negozi. Eppure, anche un posto lontano da tutto”. Per questo, forse, Giacomino non riusciva a stare lontano da qui.


 (Più Stadio, 25 ottobre 2022)

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