domenica 29 maggio 2011

IL FORREST GUMP DELL'HANDBYKE


di Marco Tarozzi

Se volete un’idea delle storie che può regalare una manifestazione come Happy Hand, la grande festa dello sport che non conosce barriere in cartellone a Ponte Rivabella da venerdì a domenica prossimi, fatevi raccontare quella di Norberto De Angelis. Uno che a quarantasette anni avrebbe un passato pieno di vite da rileggere, se solo ne avesse tempo. Invece lui non può: vive intensamente il presente, costruisce il futuro con entusiasmo.
Norberto, da ragazzo, aveva tutto. Un fisico e uno spirito da sportivo, il talento per emergere. Aveva iniziato nell’81 col football americano, quasi per gioco, e sei anni dopo era campione europeo con la maglia numero 99 della Nazionale italiana. Meritandosi un posto nella Hall of Fame della Fiaf. Linebacker con una brillante carriera tra Panther Parma, Seaman Milano, Towers Bologna. Restò una stagione, il ‘91, nella nostra città.
Norberto aveva tutto, ma cercava altre risposte dalla vita. Le trovò in Africa, dove scelse di ripartire facendo volontariato per una onlus bolognese. In Tanzania, però, lo aspettava un incrocio maledetto col destino. Un incidente d’auto da cui uscì dopo quattro mesi di coma. E senza più l’uso delle gambe. Ma Norberto, in Africa, aveva già imparato a leggere con uno spirito nuovo anche le storie più drammatiche. Compresa la sua. E oggi non ha cambiato idea su quell’esperienza.
«In un posto isolato da tutto, dove non passa anima viva, capitò dieci minuti dopo l’incidente un medico italiano, che aveva a bordo del suo fuoristrada una bombola di ossigeno. Mi ha salvato da un blocco respiratorio. Credo ci sia un disegno del destino, in questo, anche se è molto più grande di me».
Uno così non poteva accettare di subìre la vita. O di viverla ai margini. Voleva e doveva dare un seguito alla sua storia di atleta, anche per lanciare un messaggio. «Lo sport aiuta a vivere, a sognare. A uscire dalle mura di casa, anche quando possono sembrare un rifugio ideale contro le avversità della vita. Invece no, bisogna reagire».
Lui lo ha fatto. Costruendo un’impresa che due anni fa lo ha portato alla ribalta. E realizzando un sogno di libertà. Niente di meglio che la Route 66, la strada che ha inculcato negli americani il senso del viaggio, la linea d’asfalto tracciata nel 1926 tra Chicago e Los Angeles, e che ha ispirato Jack Kerouac nei suoi viaggi sulla strada, per dare un senso alla passione di Norberto. Che ha affrontato la “mother road” in handbike. «Non è stata una passeggiata di salute: 3800 chilometri tra rettilinei infiniti, salite e discese, vento a raffiche e acquazzoni improvvisi. Ottanta giorni, da fine aprile ametà luglio del 2009, e alla fine la certezza di essere stato l’unico al mondo ad aver completato un viaggio del genere, spesso correndo di notte per trovare una temperatura ideale. Cosa mi ha ispirato? Avete presente quando nel film Forrest Gump il protagonista dice “io corro come il vento che soffia”? Ecco, così volevo essere io. E se ancora oggi, due anni dopo, la mia storia può essere un esempio, sono felice di raccontarla».
Lo farà a Happy Hand. Un adelle ragioni per non mancare all’appuntamento.

L'Informazione di Bologna, 30 maggio 2011

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