venerdì 15 maggio 2020

L'AMERICA, SECONDO "STUZIGA"


Renato Gardini, campione della lotta greco-romana con i colori della Virtus, poco più di un secolo fa scelse l’America per diventare un wrestler da leggenda

di Marco Tarozzi

Avete presente il wrestling, strano passatempo a metà strada tra il gioco e lo sport vero, che tra colpi ad effetto ricostruiti ad arte e gesti di atletismo puro ha fatto impazzire gli americani, fino a sbarcare anche da noi, attraverso la televisione? Ecco, allora sappiate che dentro tanta finzione, dietro a cadute e voli da stuntmen, dietro anche a qualche pagliacciata montata ad arte a beneficio del pubblico pagante, ci sono stati e ci sono atleti veri, magari arrivati dritti da altre discipline. E se sfogliate le pagine di “Legends of Pro Wrestling”, che racconta un secolo e mezzo di questa forma di spettacolo, prima ancora che disciplina sportiva, e dei suoi eroi, molto prima di arrivare al capitolo su John Cena potete imbattervi nella storia di un ragazzone di Bologna che dall’altra parte dell’oceano ha fatto fortuna. Si chiamava Renato Gardini, e se qualcuno avesse dubbi possiamo assicurarvi che era un atleta con la A maiuscola.


EMULO DI “STIANCON” – Nato nel marzo del 1889, Renato cresce nel mito dei colossi che si esibiscono alla Montagnola tra fine Ottocento e il primo decennio del ventesimo secolo. Nel parco è allestita una specie di grande palestra in legno, alla fine dei conti un baraccone provvisorio, dove si svolgono allenamenti ed esibizioni dei migliori “pugilatori” bolognesi, guidati dal ligure Piero Boine, pioniere dell’arte della boxe in Italia. Accanto a loro, spopolano ginnasti, pesisti e lottatori, nomi amati dai bolognesi come “Stiancòn”, al secolo Riccardo Giovannini, o Achille Montagna (omen nomen). Cresce lì, il ragazzo. Famiglia di umili origini, passione per la lotta che aumenta giorno dopo giorno all’ombra di quei giganti leggendari. “Essere Montagna”, a Bologna, non è un riferimento alle catene alpine, ma a un campione in carne ed ossa.
Renato, dunque, coltiva la sua passione mostrando sul petto, con orgoglio, il simbolo di una società destinata a diventare leggendaria. Ha fatto sue le quattro parole che illustrano, meglio di mille discorsi, il sentimento di chi sta crescendo in quel tempo a casa Virtus: Forte, Franco, Fiero, Fermo. E dagli anni Dieci del secolo scorso, si comincia a fare i conti anche con lui.





RE DI COPPA – Nel 1911, il nome di Renato Gardini finisce sui titoli di tutti i giornali. La Coppa Reale di Pentathlon in quel periodo è diventata la gara di atletica più importante in Italia. Nel programma ci sono corsa veloce, lancio del disco, salto in alto, salto in lungo e lotta greco-romana. Renato trionfa raccogliendo il testimone da Angelo Pedrelli, altro talento virtussino, vincitore della manifestazione nel 1910. E nel 1912 farà il bis, lasciandosi alle spalle proprio Pedrelli. La Coppa Reale è una competizione seguitissima. “Uno scontro tra atleti completi nel vero senso del termine, atleti in grado di sostenere sforzi rilevanti in rapida successione e, necessariamente, di recuperare in breve”, la definiscono i giornali. Insomma, qualcosa di epico.


“STUZIGA” ALLE OLIMPIADI – Nel 1912, Gardini approda anche alle Olimpiadi di Stoccolma, vincendo le selezioni nazionali. La sua prestazione nella greco-romana è sfortunata. Ha la meglio, nei primi due turni, sull’austriaco Testler e sul finlandese Lind, ma poi si trova la strada sbarrata da un paio di svedesi, Nilsson e Ahlgren. Le cronache del tempo ci ricordano come il bolognese abbia dovuto lottare anche con chi, nel giudicare gli incontri, avrebbe in qualche modo tenuto conto della nazionalità degli avversari, che giocavano in casa. Insomma, fuori al quarto turno.
Renato guarda avanti. Archivia l’avventura olimpica, e nel 1913, dopo aver vinto il titolo italiano assoluto dilettanti, vince per la terza volta consecutiva la Coppa Reale, consegnandosi al mito. A Bologna lo hanno soprannominato “Stuzìga”, perché sul tappeto gli piace provocare gli avversari, facendoli deconcentrare. Ma Bologna ormai gli va stretta, così come l’Italia. Sale sul ring, provando per qualche tempo la via del pugilato, poi guarda oltre. Di là dall’oceano.






LA CONQUISTA DELL’AMERICA – Negli Stati Uniti c’è una disciplina che sta prendendo piede velocemente. Si chiama Catch as Catch Can Wrestling, uno stile di lotta popolare nata sul finire dell’Ottocento, codificata nel 1904, quando George Hackenscmidt ha conquistato il primo titolo mondiale, infine sdoganata dalle imprese di Frank Gotch. E’ lì che “Stuzìga” punta la prua del suo spirito d’avventura, e ci mette davvero poco a conquistare i palazzetti americani. Arriva a Ellis Island nel dicembre 1914, di lì a poco sta già facendosi conoscere al New York City Tournament. Entra nel circuito professionistico, gira gli States e nel 1920, a Boston, diventa campione mondiale tra i “pro”, nella categoria mediomassimi. In poco tempo è un personaggio famoso, le “Little Italy” delle grandi città se lo contendono. Una fotografia lo immortala mentre scherza con Enrico Caruso, esempi di un’Italia che ce l’ha fatta a fare fortuna dall’altra parte del mondo. Nel 1922 la sua sfida a Ed “Strangler” Lewis porta 12mila tifosi al Madison Square Garden di New York. Nel 1924, ancora un titolo mondiale, questa volta assoluto, conquistato a Filadelfia. Mentre in Italia si è accesa la stella di un altro bolognese, Bruto Testoni della Sempre Avanti, il virtussino Gardini raccoglie allori a stelle e strisce.

RITORNO A BOLOGNA - Combatterà ancora a lungo, il campione bolognese. E rivedrà la sua città a metà degli anni Trenta, esibendosi al Teatro Duse e al Teatro Verdi, durante una tournèe promozionale che lo porterà anche a Trieste, Milano, Torino e Rimini. La sua opera di proselitismo continuerà in Sud America, tra Brasile ed Argentina. E purtroppo a Buenos Aires, nel 1940, un incidente d’auto lo porterà via a soli cinquantun anni. Consegnandolo alla leggenda dello sport bolognese, e non solo.

Più Stadio, aprile 2020

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