Forse non sarebbe il momento di festeggiare un
anniversario. O forse sì, magari ci aiuterà la memoria di quanto il Bologna ha
navigato nel tempo, attraversando tempeste e vivendo giornate radiose,
scrivendo la storia e assaporando la gloria. Di fatto, tutto iniziò una mattina
d’autunno in birreria; un posto che non esiste più, se non in qualche
fotografia virata seppia. Era il 3 ottobre 1909, e il giorno dopo il giornale
della città raccontò in un trafiletto di venticinque righe, con titoletto a due
colonne, che “Ieri mattina al Circolo
Turistico Bolognese, venne costituita la sezione per le esercitazioni di sport
in campo aperto e precisamente il Foot Ball Club. Era desiderata da molti
giovani questa iniziativa per il football, per la palla vibrata, pel tennis, e
mentre già alcune esercitazioni si svolgevano da qualche settimana, ora si è
fissato un ordinamento preciso, costituendo la sezione presso il Circolo
Turistico che già ha acquistato la maggiore importanza sportiva…”. E dunque
gli attenti lettori bolognesi si svegliarono il 4 ottobre di centotredici anni
fa scoprendo che era finalmente anche da queste parti era nato ufficialmente il
“giuoco del football”.
PIONIERE. “Molto presto di mattina”, per dirla con
Dylan Thomas, c’è un fervore insolito alla Birreria Ronzani di via Spaderie. Emilio
Arnstein guarda le persone che gli stanno intorno e sorride. Sa che condividono
il suo sogno. Sa che amano il football quanto lui, anche se non tutti ne
conoscono perfettamente le regole. Ma in tempi di pionieri, quello che conta è
la volontà. Quella di Emilio è ferrea. Ci ha impiegato meno di un anno a
trasformare quel sogno in realtà. Aveva trovato “i màt chi corren dri a la bala” ai Prati di Caprara, poco dopo
essersi fermato per l’ennesima volta a Bologna, nel 1908. Li aveva radunati,
organizzati, convinti che anche qui, come in altre città italiane, era arrivato
il momento di fare sul serio.
ORGANIZZATORE. Emil
Arnstein è un suddito dell’impero Austro-Ungarico nato in Boemia, a Wotitz,
vicino a Praga, il 4 giugno 1886. Durante l’Università, a Praga e poi a Vienna,
si è innamorato del “football”. Gli piace giocare, ma più di tutto gli piace
organizzare. A Trieste, insieme al fratello e a un gruppo di inglesi e boemi,
ha da poco dato vita al Black Star FC. Qui è subito andato in cerca di
appassionati, e la storia racconta che la dritta gli è arrivata da un
tranviere. Fuori Porta Saffi, nella Piazza d’Armi dei Prati di Caprara, proprio
dove nel 1906 si era esibito il leggendario Buffalo Bill col suo “Wild West in Europe”, Arsntein ha
trovato quel che cercava. Ovvero i famosi matti che rincorrono un pallone, gli
stessi che in questa mattina di primo ottobre sono seduti intorno a lui. C’è un
conduttore del Collegio di Spagna che di cognome fa Builla, fondamentale perché
nel gruppo è quello che porta il pallone. C’è un altro spagnolo, studente dello
stesso istituto, si chiama Antonio Bernabeu
Yeste, gioca centravanti e ha un fratello, Santiago, che diventerà famoso,
presidente e anima del Real Madrid a partire dagli anni Quaranta, e per
trentacinque anni. Un altro “straniero” viene dalla Svizzera, si chiama Louis
Rauch e studia odontoiatria. Diventerà uno dei pupilli del professor Arturo
Beretta, prima di mettersi in proprio. Ci sono i fratelli Gradi, Vincenzi,
Puntoni, Cavazza, Berti, Lambertini, Martelli, Nanni, Della Valle. C’è il
cavalier Carlo Sandoni, presidente del Circolo Turistico Bolognese che ha sede
alla Ronzani. E’ lui che ha patrocinato l’iniziativa di Arnstein e dei suoi
pionieri.
I
COLORI DEL CUORE. Il Bologna Football Club nasce in poche ore,
come sezione del Circolo. Ha il suo bravo statuto, e il primo presidente della
sua storia è proprio Rauch. Guido Della Valle, di nobili origini, è il vice, i
consiglieri sono Arnstein e Leone Vincenzi. Segretario Enrico Penaglia,
cassiere Sergio Lampronti. Nessun dubbio
sul capitano: Arrigo Gradi è quello che sa di tecnica più di chiunque altro, ha
già giocato all'Institut Wiget di Schönberg
a Rorschach, nello stesso collegio da dove
provenivano gli ex studenti che fondarono il Fussballclub
Sankt Gallen, nel 1879. Da lassù ha
portato l’idea per la divisa ufficiale, casacca a scacchi, colori rosso e blu
col taschino anch’esso bicolore sulla sinistra. Una sciccheria.
TRA LE PECORE.
Naturalmente, giocatori e primi appassionati continueranno a ritrovarsi dove
tutto è iniziato, ai Prati di Caprara. Lì non si paga per giocare, basta
ritagliarsi i giusti spazi quando il pastore che ha in affitto dal demanio quei
terreni non porta a pascolare le sue pecore. Quell’enorme spiazzo resterà il
regno del football fino al trasferimento nel primo campo vero, la Cesoia. Il
fenomeno attecchirà in un niente, a quelli della prima ora si aggiungeranno
altri giovani, più o meno portati per il gioco. Presto cambierà il presidente, Pio
Borghesani sostituirà Rauch, il
quale darà un’impronta alla squadra in qualità di trainer “ante litteram”, e
cambierà la sede, trasferita al bar Libertas di via Ugo Bassi.
STORIA E GLORIA. Della
Birreria Ronzani oggi è rimasto il ricordo, perché tutto quello che c’era in
via Spaderie e intorno non esiste più da tempo. Ma in quelle immagini in bianco
e nero rivediamo un posto del cuore, quello in cui una mattina d’autunno dei
primi del secolo scorso prese vita la leggenda del Bologna. Da allora sono
passati sette scudetti, il Trofeo dell’Esposizione, due Mitropa, una Coppa di
Lega Italo-Inglese e un Intertoto, la Coppa Italia due volte, nomi
indimenticabili che hanno fatto la storia del calcio italiano. E sì, anche sei
retrocessioni e altrettante promozioni, perché la vita non è sempre un tappeto
di petali di rosa. Momenti delicati, anche, come quello che società, squadra,
tifosi stanno vivendo oggi. Forse è vero, in certi momenti anche gli
anniversari possono essere uno stimolo per riprendere il cammino sulla strada
migliore.
Marco Tarozzi
Più Stadio, 4 ottobre 2022
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