La Mitropa, il trionfo sul Manchester City
e la cavalcata con Mazzone in Intertoto
È vero che il Bologna non si affacciava alla massima ribalta del calcio europeo da sessant’anni. Ma guai a dimenticare la storia, che ci ricorda che è stato il primo club italiano a vincere qualcosa di importante a livello internazionale, ormai quasi un secolo fa. E poi ci sono i numeri, che non mentono mai, e ci parlano di 148 sfide ufficiali con settanta vittorie, quasi il cinquanta per cento. Ci vorrebbero pagine e pagine, per ricordare tutte le partecipazioni rossoblù alle coppe europee; dobbiamo contenerci, e ci limitiamo a ricordare quelle che hanno arricchito con trofei sfavillanti la bacheca della società.
PRIMA VOLTA. Ma prima, diamo spazio a una curiosità. La prima sfida internazionale del Bologna è un’amichevole, con la formula dell’andata e ritorno, e l’avversario un club di Trieste. In quel lontano 1911, la città fa parte dell’impero austro-ungarico, dunque… è straniera. Emilio Arnstein, che nel 1909 era stato tra i fondatori della squadra rossoblù alla Birreria Ronzani, lassù aveva vissuto, e appena ventenne aveva dato vita già tre anni prima al Black Star. Così, il 30 aprile 1911 va in scena la prima trasferta all’estero, con tanto di “intrigo internazionale”: sconfitti 2-1, i giocatori rossoblù sulla via del ritorno vengono scambiati per irredentisti e trattenuti per ore dalla polizia austriaca. Il 14 maggio, la sfida casalinga viene interrotta sul 2-1: Arnstein, occasionalmente nel ruolo di arbitro, concede due rigori ai suoi e i triestini abbandonano il campo infuriati. Tutto si risolve con un “terzo tempo” provvidenziale all’osteria della Cesoia, a pochi metri dal campo di gioco.
PROTAGONISTA.
Nella prima metà degli anni Trenta, il campionato è segnato dal dominio della
Juventus, che vince cinque scudetti in fila. Ma a livello internazionale Angelo
Schiavio e compagni diventano lo squadrone da battere. Conquistando, prima
squadra italiana a riuscire nell’impresa, la Coppa dell’Europa Centrale nel
luglio del 1932. In panchina c’è Guya Lelovich, ungherese, arrivato in Italia
negli anni Venti da giocatore, voluto come spalla da Hermann Felsner una volta diventato
allenatore e ritrovatosi prima guida all’improvviso dopo l’addio del boemo. A
parte gli inglesi, che snobbano gli altri convinti come sono della propria
superiorità, c’è il miglior calcio del continente. Si gioca in piena estate, e
il Bologna mostra la sua forza d’urto già nei quarti di finale con il 5-0
rifilato allo Sparta Praga; il ritorno è una formalità, anche se l’arbitro ci
mette del suo per favorire i cechi, che vincono 3-0. In semifinale c’è il First
Vienna, che ha in squadra i nazionali Hoffman, Rainer e Blum. Al Littoriale
finisce 2-0 con le reti di Sansone e Maini, risultato difeso coi denti nella
partita di ritorno, vinta dagli austriaci per 1-0. Senza saperlo, il Bologna ha
già il trofeo in tasca. Nell’altra semifinale, incidenti assortiti tra Juventus
e Slavia Praga portano all’esclusione di entrambe, e la truppa di Lelovich
vince a tavolino la Coppa.
NEL SEGNO DI WEISZ – Tre anni più tardi, con il
grande Arpad Weisz in panchina, il Bologna va ad insegnare calcio anche agli
inglesi, al Torneo Internazionale
dell'Expo di Parigi. Nel 1937, appena vinto il quarto scudetto della sua storia, affronta la
kermesse parigina ed è l’apoteosi. Cadono in sequenza i francesi del Sochaux (4-1), i cechi dello Slavia Praga (2-0) e
infine anche gli inglesi: in finale il Chelsea è asfaltato, 4-1 con la solita
tripletta di Carlo Reguzzoni. In Europa non c’è una squadra di club che valga
il Bologna.
SOTTOSTIMATO. A metà degli anni Cinquanta, la
vecchia Coppa dell’Europa Centrale è diventata Mitropa Cup. Non è più un trofeo
brillantissimo, anche perché il calendario si è infittito:
oltre alla Coppa dei Campioni, destinata alle squadre vincitrici dei campionati
nazionali, sono nate e hanno fatto proseliti Coppa delle Coppe e Coppa delle
Fiere. Ma tutti sanno quanto il presidente Dall’Ara tenga all’appuntamento, e
pazienza se tra gli addetti ai lavori qualcuno si è già affrettato a
ribattezzarla “Coppa del Nonno”. Nel 1961 partecipano club di tre sole nazioni:
Austria, Italia e Cecoslovacchia. Nella fase eliminatoria i rossoblù pareggiano
con la Sampdoria e battono Stalingrad e Austria Vienna. Dopo questo successo,
arriva il passaggio di testimone in panchina: dalle semifinali in poi, al posto
di Federico Allasio arriva Fulvio Bernardini. La semifinale va in scena in autunno,
contro i cecoslovacchi del Kladno. In trasferta, il Bologna vince 2-1, al
ritorno al Comunale fa il minimo sindacale, vincendo 1-0 con il gol del
diciottenne Mario Rossini. In finale c’è da affrontare un’altra squadra
cecoslovacca, lo Slovan Nitra, avversario modesto ma capace di eliminare dalla
competizione altre due italiane, Torino e Udinese. A Nitra i rossoblù vanno in
vantaggio con Nielsen e Perani dal dischetto, ma si fanno raggiungere sul 2-2.
Nel ritorno al Comunale, il 4 aprile 1962, sotto una pioggia battente e con
poche migliaia di tifosi sugli spalti in una giornata feriale, non c’è storia:
Demarco, Pascutti e Nielsen firmano il 3-0 e tutti hanno fretta di correre al
riparo, persino Bernardini che non aspetta in campo che il presidente Terpikto
consegni la coppa a capitan Pavinato. Ma Renato Dall’Ara si gode il momento.
LEGGENDARI.
Nel 1970 tocca a Edmondo Fabbri, l’ex Ct azzurro che ancora rimugina e soffre
per il ko del ’66 contro la Corea. Ma grazie a lui, il Bologna torna a mettere
trofei in bacheca. Dopo la Coppa Italia conquistata a giugno, a settembre è la
volta della Coppa Italo-Inglese, a finale diretta con andata e ritorno. Ci sono
la squadra vincitrice della Coppa Italia, appunto il Bologna, e quella che ha
conquistato la Football League Cup, ovvero il Manchester City. Che ha un
blasone enorme: due anni prima è stato campione d’Inghilterra e cinque mesi
prima ha trionfato in Coppa delle Coppe. In rosa ha cinque nazionali inglesi:
il portiere Corrigan, Doyle, Bell, Lee e Summerbee. Oltre a capitan Tony Book,
“the Maine man”, bandiera del club. Al Comunale i rossoblù vincono di stretta misura,
1-0 firmato da Rizzo. Al ritorno il Maine Road, “fortino” dei Citizens, è una
bolgia. Il Bologna trova i suoi eroi in Vavassori, che para l’imparabile, e
Bruno Pace, esaltato dalla ribalta europea, che mette lo zampino nei gol di
Perani e Savoldi. Finisce 2-2 e il Bologna alza la coppa. Anche gli inglesi,
duri al limite della scorrettezza in campo, fanno ala all’uscita dei vincitori,
applaudendo. È il 23 settembre 1970.
ULTIMO
ALLORO. L’ultimo successo europeo è del 1998. Carlo Mazzone fa
volare i rossoblù nella Coppa Intertoto: nell’estate, cadono il National
Bucarest e poi la Sampdoria di Spalletti in semifinale. L’ultimo atto è col
Ruch Chorzow, già all’andata torna in campo (al 75mo) un rinato Beppe Signori .
Finisce 1-0 al Dall’Ara, e due settimane dopo, a casa loro i polacchi tentano
il tutto per tutto, si scoprono e il Bologna vince 2-0. Non è solo un trofeo
che va ad arricchire la bacheca: vale anche un posto in Coppa Uefa, e da questo
momento la squadra inizierà un cammino da protagonista che lo porterà fino a un
passo dalla finale.
"Nelle Valli Bolognesi", n. 61/ 2024