lunedì 14 febbraio 2011

GIACOMO, DUE ANNI E NON SEMBRA VERO


di Marco Tarozzi

Pensare al Bulgaro due anni dopo, attraverso le parole e i ricordi di amici che lo pensano ancora oggi al presente, proprio come se fosse ancora qui. Attraverso i sogni di Toro Rinaldi, che ne diventò amico quando entrambi erano emblemi dello sport bolognese in Italia e oltre. Toro “rivede” sempre l’amico di una vita in via Galliera, vai a sapere perché. «Bello, sorridente. Tranquillo, mi dice, che io sto benone. Lo so che è solo un sogno, ma mi fa stare meglio».
Pensare a Giacomo Bulgarelli attraverso il fiume di idee di Zapatero, al secolo Marco Dall’Olio, l’amico incontrato sulle strade nebbiose della Bassa, entrato in sintonia con l’uomo quando ormai il campione aveva scritto le sue pagine, compagno di parole in libertà e di profondi, intensi silenzi. Quel soprannome glielo aveva affibbiato proprio Giacomo, «perché, diceva, parlo e parlo come un politico». E lui, il Marco che sa appassionarsi di storie e personaggi veri (gente come il Bulgaro, ma anche come Gigi Meroni o Ezio Vendrame), gli ha costruito, appena cinque mesi fa, un happening che tutto sembrava meno che un’ingessata commemorazione, chiamando a raccolta amici e compagni di un tempo nella sua San Pietro in Casale. E da lì, in mezzo al campo comunale appena ribattezzato col nome di Giacomo, quel giorno è passata la storia del calcio italiano. C’erano Rivera, Zoff, Capello, Antognoni, De Sisti, tra gli altri. E c’erano i compagni dello scudetto rossoblù, l’ultimo, quello di Roma, quello che non sembra vero che sia già passato quasi mezzo secolo. Tutti lì con un giro di telefonate, perché, dice Zapatero, «Giacomo andava onorato come meritava, e bisognava farlo con la parte sinistra del petto».
Pensare al Bulgaro, all’Onorevole Giacomino, due anni dopo è sentirlo ancora accanto, anche se non ha potuto scollinare la festa del centenario del suo Bologna, la squadra che non ha mai tradito, bandiera in un tempo che non conosce più bandiere. E immaginare che in qualche modo, da lassù, si sia prodigato a cercare qualche santo in grado di salvarlo da quello che nemmeno due mesi fa sembrava un Natale da paura, sembrava addirittura l’ultimo Natale.
Anche, soprattutto nel nome di Giacomo Bulgarelli il Bologna deve guardare avanti e guardare in alto. Nel ricordo di un campione di ironia e naturalezza, oltre che di calcio. Che ci manca già da due anni eppure non è mai andato via.

L'Informazione di Bologna, 13 febbraio 2011

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