domenica 8 agosto 2010

Porcedda: "Il mio Bologna vi stupirà"


di Marco Tarozzi

Sergio Porcedda, presidente del Bologna da un mese esatto. Più la fatica o il divertimento, fin qui?
«Diciamo che è stato un mese molto impegnativo, e non è certo finita qui. Forse non ci aspettavamo una full immersion di questo genere, ma eravamo pronti a lavorare per il presente e il futuro del Bologna. Il lavoro procede, naturalmente. E l’entusiasmo è più forte di tutto, cresce di giorno in giorno. Aggiunga a questo che siamo ottimisti per natura, può immaginare se ci fermiamo qui».
Entusiasmo e passione sincera per il calcio. Nata su campi protetti da un dio minore. Le va di fare un salto indietro, di ricordare?
«Da ragazzino giocavo a pallone. Ed ero scarso, chiariamo subito. Poi ho fatto l’arbitro, fino a ventotto anni. Tanti miei amici vengono da quegli anni, e la passione non si è mai addormentata».
Ancora più indietro: nel 1970 lei andava verso gli undici anni e il Cagliari vinceva uno scudetto storico.
«Che ricordi... Battevamo i piedi sulle tribune di legno dell’Amsicora, ci sentivamo un tutt’uno con quella squadra. Sì, lo scudetto è stato uno spartiacque, per noi ragazzi di Sardegna. Ma anche la rinascita dopo la caduta in C è un ricordo indelebile, un momento di ritrovato orgoglio».
Cosa resta di quegli anni, del mito di Gigi Riva?
«Gigi è un amico. Una persona per bene, oltre che un pezzo di storia del nostro calcio. Un uomo equilibrato, sempre dentro le righe nel suo mestiere. E a Cagliari ha fatto una scelta di vita: ricorda quando rifiutò la Juventus, per restare in quella che era diventata ormai casa sua?».
Era il calcio degli anni Settanta. Certe storie racchiudevano valori profondi. Merce molto più rara, oggi.
«Ci vorrebbe un po’ di selezione, nel calcio di questi tempi. Troppa gente gira intorno e dentro l’ambiente. Nel mondo sono cambiate tante cose, un ridimensionamento non guasterebbe. Sentire ragazzi di vent’anni che si lamentano per un ingaggio di trecentomila euro mi fa riflettere. Servirebbe più equilibrio, sotto ogni aspetto».
Quando lei pensa a una squadra giovane, la misura solo col talento o cerca anche altri valori?
«Mi piace pensare a ragazzi che abbiano voglia di diventare uomini veri, oltre che bravi calciatori. Ci credo molto. Mi ha fatto una bellissima impressione, per dire, la scelta di Krhin e della sua famiglia. Il padre, che è anche il suo agente, mi ha detto che prenderà casa a Bologna e verrà a vivere col ragazzo. Scelte che pagano, alla lunga».
Aveva promesso un Bologna giovane e affamato. E ha già abbassato l’età media della squadra di oltre quattro anni.
«Vero. E in queste ore sono arrivati Garics e Gavilan. Potremo migliorare ancora, da questo punto di vista, con l’arrivo di Gaston Ramirez. Abbiamo cercato di fare una metamorfosi indolore, ma concreta. Non smetterò mai di ringraziare chi mi ha preceduto, lasciandomi un Bologna da Serie A e permettendomi di avere anche meno dubbi sul fatto di sposare o meno quest’avventura. Ma è chiaro che bisognava cambiare, era finito un ciclo».
Ha parlato di Ramirez come di un giocatore che ormai veste rossoblù.
«Siamo veramente a buon punto. Poi, sa bene come è il calcio. Quando hai chiuso un’operazione al 99 per cento, ti resta quell’uno con cui fare i conti. E non puoi avere la certezza assoluta».
Già che ci siamo: Diego Perez resterà un sogno?
«A volte mi sembra che l’affare sia ormai fatto, a volte torna davvero a sembrare una chimera. Io spero si realizzi. Diciamo così: persone serie, affidabilissime, mi hanno detto che verrà sicuramente».
Un gruppo giovane è garanzia per il futuro, nella sua visione delle cose.
«Stiamo cambiando tanto adesso per avere una base solida per diversi anni. Fa parte di quel progetto pluriennale su cui ho basato tutto il mio approccio a questa società. Certo, ci vuole coraggio. Guardi l’esempio dell’Arsenal: hanno scommesso su gente come Eduardo, Fabregas, e hanno avuto ragione. Noi abbiamo preso Gavilan, il più forte attaccante giovane spagnolo. E Paponi, uno che ha fatto la trafila delle Nazionali giovanili. Lo conoscevo da tempo, ci credo molto. Come credo in Meggiorini. È così che si costruisce il futuro, secondo me».
Con uno sforzo notevole anche dal punto di vista economico. Dieci milioni, si diceva, ma alla fine saranno parecchi di più.
«Non ho messo un tetto di spesa. Ma credo che i tifosi del Bologna si siano resi conto che stiamo facendo sforzi enormi, e senza aver ceduto nessuno».
Stasera c’è la prima sfida significativa, in prospettiva campionato. Sarà a Ravenna per Bologna-Napoli?
«Eccome. Presente, ci mancherebbe. E posso dire una cosa sul Napoli?»
La ascoltiamo.
«Ecco, De Laurentiis ha scelto una strada giusta. Ha iniziato prendendo Hamsick dal Brescia, portando talenti come Lavezzi e Santacroce. Una politica coraggiosa, appunto. Sto cercando di fare qualcosa del genere, a Bologna. I talenti ci sono. Krhin, Ekdal, Meggiorini, Esposito, Morleo. Garics è nazionale austriaco, a 26 anni. Credo che da questi uomini possa uscire un gruppo solido, che nelle prossime stagioni dovrà subire variazioni minime».
Il campionato inizia in salita. Preoccupato?
«Meglio curarlo subito, il mal di denti. Poi, preferisco chiudere in casa col Bari, una squadra che sta nella nostra fascia, piuttosto che con un’Inter magari ancora in corsa per lo scudetto».
Una squadra giovane puntellata da qualche uomo d’esperienza. Basta per stare tranquilli da subito?
«Continuo a dire che il nostro obiettivo è una salvezza serena. Poi, il campo può sempre sorprenderti, e dovremo stare attenti. L’esempio della Lazio della passata stagione deve farci tenere gli occhi aperti, sempre».
Lei parla poco, amministra con raziocinio. Eppure ha preso in mano una squadra di Serie A in un paio di mesi. Una botta di follìa?
«L’unica, fin qui. E non me ne pento. Per il resto è così, mi piace lavorare sottotraccia. Lo faccio da una vita, con impegno. Ho avuto anche fortuna, certo. So che il calcio è un mondo a sè, ma credo che anche qui il lavoro e la serietà alla fine possano pagare. Cercherò di dimostrarlo».

m.tarozzi@linformazione.com

L'Informazione di Bologna, 8 agosto 2010

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