martedì 14 settembre 2010

Ciao Giacomino, i tuoi amici non ti dimenticano


di Marco Tarozzi

«Ancora non mi sembra vero che lui non ci sia più. Lo sogno, in continuazione. Poche notti fa, per dire, è stato un incontro bellissimo. Eravamo in via Galliera, lui è sbucato all’improvviso, era bello e sorridente. “Vai tranquillo, Toro”, mi ha detto, “che io sto benissimo”».
Parole da amico vero, da amico del cuore. Quelle di Alberto Rinaldi, come Giacomino stella di quegli anni Sessanta e Settanta, come lui icona dello sport bolognese, uno re dei campi di pallone, l’altro dei diamanti del baseball. Come lui campione dentro e fuori dal campo. «Penso a quel che direbbe se fosse qui con noi oggi, a vedere tutta questa gente, tutti questi grandi del calcio che si sono mossi per ricordarlo: oh, ragazzi, andateci piano, altrimenti mi mettete in imbarazzo. E lo direbbe con un sorriso pieno di allegra ironia».
È vero, sono tutti qui e l’elenco è interminabile. Tutti a San Pietro in Casale, nel cuore della Bassa, qui dove Giacomo Bulgarelli ha vissuto l’ultima lunga parte della sua esistenza. Dove ha coltivato nuove amicizie, altrettanto profonde di quei legami che non si sono mai spezzati nel corso della sua vita. Qui, soprattutto, il suo cuore rossoblù aveva trovato affinità con quello granata di Marco Dall’Olio. Uno che ha amato la personalità di Gigi Meroni non poteva non entrare in sintonia col Bulgaro. Amici, infatti. Fino alla fine. E anche oltre: perché proprio dal cuore è partita l’idea di Marco. Una giornata per ricordare il campione e l’uomo. Semplicemente, “Ciao Giacumèn”.
Vista così, e guardando tutto il grande calcio che si mette in fila per tributare il suo saluto all’Onorevole Giacomino, questa kermesse ha il senso di un’impresa epica. E invece Dall’Olio, stessa scuola dell’amico che non c’è più (eppure è sempre tra noi), la rende lieve nel raccontarla. «È vero, ho lavorato a questo evento ascoltando la parte sinistra del petto perché Giacomo avesse il ricordo che merita. Ma non è stato difficile, perché il suo nome è un grimaldello per arrivare dritto all’anima. Alzavo il telefono, dicevo “è per Giacomo” e mi sentivo rispondere “sì, ci sarò”. Ed è stato tutto un susseguirsi di porte che si aprivano. Qui ci sono uomini che hanno fatto la storia del calcio italiano, ma il bello è che nessuno di loro è venuto per parlare di sè e delle sue imprese. Sono tutti qui per parlare di Giacomo».
E tutti si ritrovano, nel primo pomeriggio, per il momento clou della giornata. Quando il sindaco Roberto Brunelli intitola lo stadio comunale a questo illustre cittadino della Bassa, nato a Portonovo e approdato a San Pietro. Figlio di questo paesaggio dagli orizzonti lontani, di questa terra e di questi colori e odori che ti restano dentro. C’è la moglie Carla, compagna di una vita, ci sono i figli Annalisa, Stefano e Andrea, che sanno quanto fosse speciale quel loro grande padre, nella sua semplicità. Ci sono i figli dei figli, che tramanderanno la memoria. Viene scoperta una scultura dedicata a Giacomo. Parla Marco Di Vaio, il capitano di oggi. Si stringono l’un l’altro quei vecchi campioni che avrebbero aneddoti da raccontare da riempirci cento libri. Applaude la gente comune, la gente che piaceva a Giacomo e che non lo dimenticherà.
Ha ragione Toro, lui non andava in cerca di notorietà. Ma qui nessuno è venuto per una celebrazione. Qui, nella Bassa, parla soltanto la voce del cuore.

L'abbraccio del popolo del calcio

di Federico Frassinella

Il ricordo più bello e più commosso di Giacomo lo ha regalato Ezio Pascutti, che per lui era certamente più di un compagno di squadra: «Io e Giacomino come due fratelli. Una vita calcistica passata insieme, un legame unico. Credetemi, ho un tale magone che mi risulta difficile parlarne ora». Una lacrima gli vela gli occhi: «Questa è una bellissima iniziativa, Giacomo gradirà senz’altro».
Franco Colomba ricorda un aneddoto degli inizi della sua carriera che gli strappa un sorriso: «Avevo diciott’anni, proprio agli inizi. Giacomo si offriva sempre di accompagnarmi a casa in macchina a fine allenamento. E il primo gol in serie A l’ho segnato proprio su suo assist».
Giovanni Lodetti, cuore e polmone del Milan di quei tempi, con Bulgarelli aveva instaurato un rapporto speciale: «La Nazionale italiana ci ha avvicinati, ci siamo conosciuti così ed avevamo un bellissimo feeling pur vedendoci poco: io stavo a Milano e lui a Bologna. Ma mi emozionai molto quando mi chiese di fargli da testimone di nozze, sinceramente non me l’aspettavo. Un personaggio fuori dalla norma, non lo dimenticherò mai».
Rispettoso il commento di Giancarlo Antognoni: «Giacomo è stato una persona d’altri tempi. Gentile, disponibile, l’ho sempre seguito anche quando lavorava in tv, nonostante ci fosse molta differenza d’età fra noi».
Rivale di mille battaglie, ma fuori dal campo con Giacomo c’era un’armonia difficile da descrivere. Così Gianni Rivera: «Insieme abbiamo fatto tanta strada, a partire dai Giochi Olimpici del 1960, finchè il fisico ci ha permesso di giocare. Abbiamo condiviso tutti gli aspetti del mondo del calcio, e noi due insieme siamo stati i fautori dell’Assocalciatori».
Sincero il ricordo di Picchio De Sisti: «Bulgarelli? Il più grande centrocampista del mio periodo. Tutti noi dobbiamo essergli grati, era un modello di riferimento in campo per i giocatori del nostro tempo». E gli fa eco Fabio Capello: «Un grande campione e un grande uomo, un signore in campo e fuori».
Commosso Gigi Maifredi: «Appena arrivai a Bologna, furono Giacomo e Giorgio Comaschi ad accompagnarmi nelle serate estive cittadine, preannunciandomi ciò che avrei incontrato. Era un fenomeno, una fucina continua di aneddoti».
Tocca poi a Luigi Agnolin: «Ho avuto la fortuna di arbitrarlo. A fine carriera era diventato ironico e saggio, tipico personaggio di un mondo del calcio che allora era davvero bello».
Onorato di presenziare ieri è stato Luis Suarez: «Se il Bologna di Giacomo non avesse avuto l’Inter sulla sua strada, avrebbe vinto tutto. Ho lottato tante volte con lui, ma era un grande uomo, una persona eccezionale, e a fine partita eravamo tutti molto amici».
Chiusura con Romano Fogli («Eravamo più che amici, Giacomo è stato anche padrino di mio figlio. Quel Bologna era un gruppo fantastico») ed Eraldo Pecci, colui che di Giacomo ha raccolto il testimone calcistico: «Non c’è altro da aggiungere. Questo parterre evidenzia ciò che ha rappresentato Bulgarelli per tutti».

L'Informazione di Bologna, 13 settembre 2010

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