martedì 28 settembre 2010

Giacomino e Zapatero, quell'amicizia nella Bassa



di Marco Tarozzi

SAN PIETRO IN CASALE - Quel giorno, a San Pietro in Casale, lui è rimasto alla larga dai riflettori. Che erano puntati su gente che ha scritto la storia del calcio. Rivera, Zoff, Capello, Antognoni, De Sisti, Lodetti, solo per citare i primi che ci tornano alla mente. E su altri che hanno fatto quella del Bologna. Pascutti, Pavinato, Savoldi, Pecci, Colomba, Ghetti. E tanti, tanti altri. Quel giorno a San Pietro in Casale lui, Marco Dall’Olio, era felice così. Perché tutti quei grandi del calcio erano lì per Giacomo Bulgarelli. Per il suo amico Giacomino. E dunque la sua idea aveva funzionato.
«Io volevo semplicemente che venisse onorato come meritava. Nient’altro. Volevo che ci fossero tutti, a rappresentare tutte le squadre italiane. E alla fine gli amici veri sono arrivati, ed erano tanti. Ecco, così adesso tutti hanno un’idea precisa di che amici avesse Giacomo, e di chi fosse».
Lui l’ha conosciuto a fondo. E soprattutto l’ha conosciuto “dopo”. Quando Bulgaro scelse il “buen retiro” di San Pietro in Casale, per immergersi nella Bassa che gli era rimasta dentro, nelle radici, come è logico per uno nato a Portonovo di Medicina. «Il mio amico Giacomino era oltre Bulgarelli. Cioè oltre il grande giocatore, la carriera, gli articoli sui giornali e in tv, il Bologna e la Nazionale. Noi ci siamo conosciuti dopo tutto questo, e ci siamo legati l’un l’altro su basi diverse. Lui per me era Giacumèin, io per lui semplicemente Zapatero».
Bel personaggio, Marco “Zapatero” Dall’Olio. Uno che nel 2002, a meno di cinquant’anni, faceva il dirigente aziendale e sentì per la prima volta quella parola secca e spesso devastante. Esubero. «Significa che ieri eri importante e da domani hanno deciso di fare a meno di te. Potevo abbattermi, e invece ho deciso di accendere il canale dei sogni. Di andare alla scoperta della mia terra, delle persone. Di seguire il mio istinto».
E la passione. Per il calcio e soprattutto per le sue anime. Come Gigi Meroni, il suo idolo granata, a cui ha dedicato due splendide mostre, riuscendo addirittura a portare a San Pietro i quadri che quel campione così anticonvenzionale dipingeva. Come gli splendidi matti del dio pallone a cui presto dedicherà la sua creatività. Ezio Vendrame, Roberto Vieri, George Best. Genio e sregolatezza, gente senza schemi. O come Bulgarelli, appunto. L’amico vero. «Anch’io dipingo, e un giorno stavo lavorando dentro una chiesa sconsacrata a un affresco dedicato a Meroni. Giacomo era lì con me, alle mie spalle. Guardava in silenzio. E a un tratto mi disse: sai una cosa, Zapatero? Quando dipingi io vedo la tua anima…».
Zapatero, bella storia. Giacomino la mania dei soprannomi l’ha sempre avuta. «Di me diceva che avevo la dialettica di un politico. Detto, fatto: sono diventato Zapatero e quel nome me lo porto addosso con un sorriso, perché mi fa pensare a lui».
Ha lavorato sei mesi per mettere in piedi il grande evento. Intitolazione dello stadio, mostra, un elenco di grandi del calcio «che hanno voluto esserci, questo è ciò che conta. Non li ho dovuti convincere, ho solo fatto centinaia di telefonate per spiegare il senso della cosa. E loro l’hanno capita al volo. Anche quelli presi da mille impegni hanno trovato il tempo di essere lì. Certo, una macchina come questa non la puoi portare avanti da solo. E devo dire grazie al sindaco Roberto Brunelli e all’assessore Pezzoli, all’amico Alberto Bortolotti che l’ha portata avanti con me». E l’elenco è lungo. Dal parroco, Dante Martelli, al presidente dei Lions Dino Savi. E Fabio Bonetti, Vittorio Rimondi, Pasquale Stellato, Luciano Brigoli che ha curato la mostra dei “memorabilia. «Ma c’è anche chi non l’ha capita, questa avventura. Chi è salito sul carro all’ultimo momento, chi ne ha approfittato per spostare l’attenzione su altri temi, di fatto facendo un torto a Giacomo. Succede anche questo, non mi piace ma lo avevo messo in conto».
Marco Dall’Olio guarda dritto davanti a sè. Ai paesaggi infiniti della Bassa che ha amato come, insieme a Giacomo. Dentro quei silenzi, loro si capivano al volo. Un campione di umanità e un “pescatore di sogni”. Come dovrà chiamarsi, se un giorno vedrà la luce, il libro di tutto quello che gli è passato davanti agli occhi e nella testa. Qui a San Pietro, che grazie a lui è stato il centro del mondo per un giorno.

L'Informazione di Bologna, 28 settembre 2010

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