venerdì 24 settembre 2010

Nanni: il mio sogno europeo


di Marco Tarozzi

Marco Nanni, è ora di pensare all’Europa. Cosa si attende da questa finale di Coppa Campioni?
«Due partite veramente difficili. Il campo ha detto che lì ci saranno le quattro squadre più forti d’Europa. Noi abbiamo avuto la fortuna di poter continuare con le partite ufficiali, tra playoff scudetto e Coppa Italia. Non so se arriveremo in finale o se vinceremo, so per certo che metteremo l’anima in campo».
Con la forza del gruppo che contraddistingue le sue squadre.
«Io credo che i buoni giocatori siano importanti, determinanti. Ma la vittoria è sempre del gruppo. Si vince se si rema tutti nella stessa direzione».
Ad inizio stagione diceva: non guardate a noi per i playoff. Siete arrivati a un niente dal titolo, avete vinto la Coppa Italia e vi giocate l’Europa. Cos’è, fa pretattica?«Me l’hanno chiesto anche un anno fa, perché avevo detto che i playoff non erano certi e poi avevamo vinto lo scudetto. Allora c’erano tante scoperte da fare, che si chiamavano Garabito, Ribeiro, Infante, Stocco. Non era un modo di nascondersi, solo che prima di sapere dove saremmo arrivati dovevamo scoprirci tra noi. Sapevamo che le basi c’erano. All’inizio di quest’anno ero certo di aver preso giovani di talento, di valore assoluto. Ma c’erano scommesse nuove: non puoi sapere a priori quanto renderà un giocatore giovane, se ci sarà l’alchimia di gruppo. Era, ed è, un’altra Fortitudo».
Eppure è andata lontano.
«La chiave era imparare a capirsi, a sopportarsi, a convivere. Abbiamo iniziato a lavorare a gennaio su questo, e lo spirito di sacrificio non è mai mancato. Questi sono i risultati».
Con lo scudetto del 2009 si è chiuso un ciclo. Questa squadra giovane sembra pronta per aprirne un altro.
«Potrà avere lunga vita, certo. Con qualche ritocco, s’intende. Un po’ di profondità nella squadra, sul monte. Ci manca uno straniero. Se lo azzecchiamo, faremo tanta strada».
Dica la verità: non ci ha dormito la notte per questo scudetto perso all’ultimo sprint.
«Il rammarico è stato enorme. Per due o tre giorni rivedevo molte cose, fino ai dettagli. Un lancio sbagliato, un mio errore di gestione, una mancanza banale. Ci sta, quando arrivi alla settima partita e la perdi 2-1. Poi ho digerito, e ho ripreso a guardare avanti. A pensare alle cose positive della stagione. Che non è ancora chiusa, e allora bisogna restare coi pensieri sul campo».
Nel 2009 il popolo del baseball l’ha eletta miglior manager dell’anno. Arrivare in finale con una squadra rinnovata vale quanto uno scudetto?
«Io ci metto tutto quello che ho, insieme al mio staff. Ma sono un ventiquattresimo del totale, metto il mio mattone come tutti gli altri. Le mie armi sono il lavoro, la costanza, il fatto di crederci. È normale che se uno vince lo scudetto sia favorito per il premio di manager dell’anno, ma credo che in queste valutazioni si dovrebbe andare oltre la vittoria della squadra. Ci sono altri valori: la capacità di far crescere i giovani, di cementare un gruppo. C’è gente che sfiora i playoff con budget ristrettissimi, e solo per questo meriterebbe una ribalta. Nella mia carriera c’è una stagione in cui quel riconoscimento l’avrei meritato di più».
Quale?
«Il 2006, il primo. Ci successe di tutto. Dalla tragica morte di Robert Fontana al problema di Liverziani, oltre a mille altri problemi. C’era sempre qualcosa che destabilizzava, che ci toglieva forza. E arrivammo a un passo dalla finale...»
L’ultimo trionfo europeo è del 1985. Quell’anno lei non ci fu, da giocatore, per problemi di naja...
«Ero entrato in prima squadra l’anno precedente. Andai nei militari e persi l’occasione. Non so, comunque, se avrei giocato. Se sarei stato titolare, o anche solo in panchina. la questione, per ovvi motivi, non si pone...»
Venticinque anni dopo. Molta Italia e niente olandesi.
«Sono contento per il baseball di casa nostra, che da un po’ di tempo con l’Olanda usciva sconfitto. Un’assenza che ci aiuta, perché loro sanno giocare le partite importanti. Ma anche questi tedeschi, che abbiamo già incontrato nelle qualificazioni di Brno, non vanno sottovalutati. In attacco sono forti, su una o due partite danno filo da torcere. E le squadre italiane, non solo noi, hanno una gran carica. Chi vince fa una bella impresa».
Qual è lo stimolo in più che potrebbe aiutarvi a coronare il sogno?
«La voglia di riportare a Bologna un trofeo che manca da un quarto di secolo. E di riscattare Barcellona 2009, perché una finale persa per 1-0 ci va dannatamente stretta. Certo, ci sono altre squadre e hanno lo stesso obiettivo. Ma io credo nei miei uomini».

Il programma della Final Four di Coppa dei Campioni
(tutte le partite allo stadio Perez de Rosas, Montjuic, Barcellona).

Semifinali: UGF Fortitudo-T&A San Marino, domani alle 12 (diretta Punto Radio, fm 87.7, 87.9, o in video streaming a pagamento su www.stadeo.tv); Telemarket Rimini-Heidenheim Heidekopfe, domani alle 18.
Finale 3° posto: domenica alle 11.
Finale: domenica alle 17.

L'Informazione di Bologna, 24 settembre 2010

(foto di Renato Ferrini)

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